Il caro affitti, come abbiamo più volte sottolineato, non tocca solo la categoria degli studenti universitari: sono moltissimi i docenti e i membri del personale scolastico.
La Tecnica della Scuola ha chiesto ai suoi lettori, attraverso un sondaggio, quanto arrivano a spendere al mese per l’affitto degli appartamenti, bollette comprese, decine di migliaia di lavoratori della scuola, di ruolo e precari (la maggior parte dei quali “emigrati” da Sud Italia in scuole del Centro-Nord): l’obiettivo è quello di capire se uno stipendio base possa bastare ad affrontare il caro vita.
Il dubbio è lecito. Anche perchè nell’ultimo decennio i compensi nella scuola, come nel pubblico impiego, sono aumentati appena del 7,5%, a fronte di un’inflazione che solo nell’ultimo anno ha sfiorato quella percentuale producendo un vistoso aumento dei prezzi.
Ebbene, i dati del campione che ha partecipato al sondaggio hanno confermato che c’è poco da ridere: per i docenti e Ata fuori sede è emersa una spesa media complessiva, per gli affitti e per le utenze, attorno ai 1.000 euro al mese. Considerando uno stipendio base di 1.300-1.400 euro netti al mese, è possibile trarre la conclusione: la spesa mensile affrontata per affitti e bollette non è sostenibile sia per chi vive da solo, sia per chi ha una famiglia a carico.
A tesimoniare queste difficoltà è una docente di 39 anni che vive a Milano, originaria della Calabria, intervistata da Fanpage.it. “Sapevo che Milano era una realtà che mi avrebbe dato la possibilità di trovare subito una cattedra, e così è stato. Ma a quel tempo, circa 15 anni fa, era molto diversa”, ha detto.
Purtroppo l’insegnante sta vivendo sulla sua pelle le conseguenze dell’innalzamento dei prezzi: “Non ho mai comprato casa, finora, perché ero da sola e non avevo capitali alle spalle da investire o beni di famiglia da dare in garanzia. Senza contare che a inizio carriera, poi, avevo anche uno stipendio più basso. Così le banche, quando sono andata a chiedere, mi hanno negato la possibilità di accedere a un mutuo. Fino a poco tempo fa vivevo da sola in una mansarda a Lambrate. Un giorno il proprietario mi ha chiamato e mi ha comunicato che era costretto ad alzarmi l’affitto da 650 a 850 euro. “Sai, non è colpa mia, il mercato è cambiato”, mi ha detto al telefono”.
Ecco cosa ha dovuto fare la docente: “Così ho dovuto fare quello che a 39 anni non avrei mai voluto fare, ovvero mettermi a cercare una coinquilina. Sono tornata indietro dopo 14 anni da sola, per me è stata un’involuzione. Adesso pago una stanzetta 650 euro, spese escluse con bagno e cucina condivisi. Mi sento in gabbia. A quasi 40 anni non voglio più trovarmi a condividere casa”.
Ecco, secondo l’insegnante, quali potrebbero essere le soluzioni a questi problemi: “Non dico di aumentare gli stipendi, mi rendo conto che sia difficile. Ma scalarci qualche tassa sullo stipendio già potrebbe essere una misura più fattibile. Nella mia ultima dichiarazione dei redditi, su ben 7mila euro versati ne sono riuscita a recuperare solo 231,17. È possibile? Non esiste nessun tipo di sostegno. Vedo i miei parenti in Germania con bonus, detrazioni, agevolazioni di ogni genere. Perché è così difficile metterle in atto anche qui in Italia?”.
“Con uno stipendio come il mio, che è perfettamente nella media, si sopravvive a malapena. Mi sento precaria, sempre in bilico, in condizioni di vita non più accettabili. La casa non è un diritto, d’accordo, ma è un bisogno primario. Non dovrebbe essere motivo d’angoscia: a me è venuta la gastrite, è un pensiero fisso. In mezzo a sentimenti di rabbia e di delusione”, ha aggiunto con amarezza.
E, infine, sulla protesta degli studenti in tenda: “A volte penso che dovremmo manifestare anche noi insegnanti, magari scioperando, ma poi verremmo penalizzati con tagli sullo stipendio. E così siamo punto e a capo”.
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