Caro Damiano, non insolentite i “Quota 96”

 

Bene, onorevole, e complimenti per l’apostrofe lusinghiera. Non si aspetti però l’applauso. La sua chiusura insolente ha freddato la sensibilità di alcune migliaia di educatori ultrasessantenni. 

Com’è possibile rimanere indifferenti dinanzi al dramma di chi è stato costretto a fare anche fino a cinque anni di lavoro in più a causa di un errore? Non è questo ciò che ci si sarebbe attesi da un ex sindacalista un tempo vicino ai lavoratori e oggi distante anni luce, a quanto pare, dai loro diritti inalienabili. Le sue parole impudenti incitano alla lotta fra poveri. Essere sinceri solo per lavarsi la coscienza, diceva qualcuno, è un atto di egoismo che non porta a nulla se non a regalare dolore agli altri. Rispondendo in quel modo insieme subdolo e lapidario, lei ha tradito il suo scetticismo impietoso e nudo. Approvare un provvedimento che ponesse fine a questo scempio era un atto dovuto, come ammesso dalla stessa Fornero, perché l’ex ministra del Lavoro aveva sbadatamente confuso, come lei ben sa, l’anno solare con l’anno scolastico. Un “errore grossolano”, aggiungerà Boccia con maggior determinazione e convinzione, sintomo del bieco disinteresse verso l’istituzione più importante di uno stato civile.

Quel brutto mantra, però, ripetuto dai vari Baretta, Franceschini e altri ancora del suo partito, ha un risvolto forse più sinistro, perché traduce un’impostazione sbagliata (e sprezzante) del discorso sui Quota 96 Scuola, un discorso che necessiterebbe di maggior respiro. Lei non aveva il diritto, onorevole Damiano, di isolare i Quota 96 Scuola rispetto agli altri lavoratori italiani. Non doveva liquidare così sbrigativamente il loro diritto a pensione calpestato da ben tre governi. Ha finito per riproporre  i termini di un conflitto fra “occupati” e “disoccupati”, fra “garantiti” e “precari”, fra “vecchi” e “giovani”. Il suo atteggiamento, dopo aver seguito e anche difeso i Quota 96 Scuola in passato, è davvero inspiegabile e ha il sapore del voltafaccia, tanto più amaro perché qualcuno le aveva creduto.

Sappiamo bene quanto conti il destino degli esodati e dei licenziati rimasti senza lavoro e senza pensione. Ma non bisogna confondere le due vicende rispondendo con troppo facili abboccamenti. La verità è un’altra, però, e lei lo sa bene. Ma tace per fedeltà a un partito che ha fatto carta straccia dello stato sociale. Come se non fosse oltremodo evidente, da tre anni a questa parte, che la violazione del diritto a pensione dei Quota 96, violato impunemente dalla manovra Fornero, è anche una violazione dei diritti di tutti i cittadini.

Sì, è vero, i Quota 96 un lavoro ce l’hanno, egregio Damiano, e possiamo anche cantarcela con Lucio Battisti. Però rimane tanta rabbia e tanta disillusione, mentre un‘ombra inquietante grava sul suo partito per non aver fatto ristabilire l’esercizio del loro diritto leso

 

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