Il Governo e il ministro uscente hanno sempre smentito, ma il caro energia potrebbe presto coinvolgere anche le scuole, come minimo riducendo l’attività o comunque creando più di qualche difficoltà di gestione. Sono diversi già a parlare di possibile chiusura. il grido d’allarme è arrivato nella giornata del 5 ottobre dai Comuni italiani.
I primi cittadini, in particolare, hanno fatto sapere che servirebbe non meno di un miliardo, da stanziare attraverso la prossima Legge di Bilancio: in caso contrario, hanno detto diversi sindaci, i costi dell’energia saranno presto non più sostenibili e la mancanza di fondi porterà le ditte fornitrici di energia ad interrompere l’erogazione. I primi ad essere fermati sarebbero i tram. A seguire, i siti della pubblica amministrazione e le scuole.
Ci sono delle località dove il livello di tensione già è sopra il livello di guardia. Il problema riguarda soprattutto il Meridione, ma anche tutti quei municipi sparsi per la Penisola dove i contratti di approvvigionamento dell’energia non sono favorevoli.
A farsi portavoce del problema sono stati il presidente dell’Anci Antonio Decaro e il delegato alla Finanza Locale Alessandro Canelli, che hanno ascoltato le voci dei sindaci, per mettere a punto un pacchetto di proposte da presentare al Governo in via di formazione.
Il rischio “del buio completo e l’azzeramento delle garanzie per le fasce sociali più deboli, senza dimenticare la situazione da acqua alla gola di imprese e negozi”, si sta facendo concreto.
A causa delle maxi bollette delle ultime settimane, gli 820 milioni di risorse già stanziate dall’Esecutivo Draghi nelle casse dei municipi sarebbero stati già ampiamente utilizzati: le giunte ai Comuni hanno infatti ampiamente già superato 1,6 miliardi.
Secondo Canelli serve almeno 1 miliardo di euro da qui a fine anno, “altrimenti – ha detto all’agenzia Ansa – si corre il rischio concreto di dover fermare i tram, tenere parti delle città al buio, spegnere le luci sui monumenti e tagliare i riscaldamenti negli uffici pubblici e nelle scuole“.
La denuncia sui rincari abnormi arriva anche dai singoli sindaci. Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e presidente di Ali, ha detto che “la situazione per i Comuni italiani è drammatica. Il governo uscente e quello entrante collaborino per trovare velocemente una soluzione. I costi sono quadruplicati“.
“Pesaro è passata da una spesa energetica di 1,2 milioni a oltre 4,5 milioni. Lo spegnimento delle luci? Rende le città insicure e non c’è grande risparmio. Ci vuole una risposta forte”, ha concluso Ricci.
A Bari Sardo, in provincia di Nuoro, dove il sindaco, Ivan Mameli, ha presentato un esposto – contro ignoti – alla Procura di Lanusei proprio a seguito dei rincari dell’energia che hanno portato il primo cittadino, già un mese fa, a emanare una ordinanza per il taglio dell’illuminazione pubblica.
“Nell’annualità 2020 l’amministrazione di Bari Sardo ha sopportato costi per l’energia di circa 100mila euro, a fine 2022 le spese elettriche dovrebbero attestarsi intorno a 275mila euro – ha scritto il sindaco nell’esposto – A causa di questi aumenti lo scrivente ha dovuto emanare una ordinanza per la riduzione del 30% l’erogazione dell’illuminazione pubblica, ha dovuto cancellare interventi per la manutenzione stradale e ha dovuto ridurre l’erogazione di ulteriori servizi alla cittadinanza”.
Inoltre, “è a rischio la stessa pubblica sicurezza per la compromissione della coesione sociale”. “Non abbiamo nessuna intenzione di restringere ancora i servizi alla cittadinanza”, ma “vogliamo capire è se l’enorme rincaro dei prezzi sia legale. Quel che è certo è che per noi non sono sostenibili”.
Il sindaco ha chiesto “immediatamente l’interruzione di questa condotta prima di vederci costretti a chiudere le mense dell’asilo o i servizi nelle scuole. I cittadini bussano ogni giorno alla porta degli amministratori e noi non siamo in grado di dare risposte – ha concluso Mameli – chi ha l’autorità e le competenze per farlo, intervenga immediatamente”.
A farsi sentire, per lo stesso motivo, sono state pure le Regioni, che gestiscono la spesa per la sanità: si rischia, dicono, un taglio “imprevisto”, ancora di più perché non c’è ancora la totale copertura delle spese legate al Covid.
Già ad inizio settembre i governatori avevano proposto di sostenere al meglio la proposta di un tetto europeo al prezzo del gas, fissando quindi un tetto nazionale, “anche valutando uno scostamento di bilancio”, per farsi carico dell’80% degli extracosti sostenuti da imprese e famiglie e “favorire la ricerca sul nucleare pulito”.
Sempre i governatori avevano proposto l’estensione della rateizzazione delle bollette scadute a giugno, per una durata di massimo 10 mesi.
Oppure di disancorare il prezzo dell’energia da quello del gas, sterilizzare oneri, accise e Iva sugli aumenti indiscriminati di gas, energia elettrica e carburanti.
Un altro taglio che andrebbe, seppure indirettamente, ad influire sul servizio scolastico: il caro carburante potrebbe infatti complicare gli spostamenti dei docenti, dei presidi e del personale Ata, oltre che di moltissimi studenti superiori e di una parte di quelli degli altri cicli scolastici.
Si tratta di una prospettiva tutt’altro che remota e che il nuovo Esecutivo, a guida con ogni probabilità Fratelli d’Italia, dovrà presto affrontare: con l’ulteriore innalzamento dei costi dell’energie e il contemporaneo abbassamento delle temperature, tra non molte settimane, i rischi illustrati da sindaci e governatori potrebbero trasformarsi in triste realtà.
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