Come riportato oramai da tempo da numerose testate internazionali, la crisi derivante sia dal conflitto in corso sul territorio ucraino sia dalle fattive ed accertate speculazioni del settore energetico si è abbattuta su famiglie, imprese, sistemi pubblici ed enti, tra cui scuole ed atenei.
Nelle realtà insulari d’Europa, come Regno Unito e Irlanda, la crisi colpisce molto di più rispetto alle aree centrali ed occidentali. Le scuole, che a fatica rasentano la stabilità finanziaria, non dispongono di investitori e di relativi fondi al fine di garantire formazione e didattica continua in allineamento con i piani dell’offerta formativa che includono attività extracurriculari e di laboratorio.
Le autorità governative britanniche hanno garantito un impegno più serrato sul fronte dei finanziamenti al settore scolastico, iniziando però a declassare qualitativamente quegli istituti che, nonostante i conti in buona salute, si riservano il diritto di sospendere attività didattiche per preservare i propri conti, a danno degli studenti e della relativa formazione.
Ofsted, l’ente giuridico che si occupa di valutare la congruenza qualitativa e quantitativa tra Piani dell’Offerta Formativa dichiarati e messi in pratica, ha provveduto al declassamento definitivo di più di 300 istituti d’eccellenza in tutto il Regno Unito, rendendo noto che gli scarsi investimenti e la negligenza istituzionale stanno via via portando al deperimento qualitativo del sistema scolastico nel suo complesso, rimasto senza fondi e capitale umano, vista la poca attrattività della professione docente per le nuove generazioni.
Si tratta di un braccio di ferro istituzionale tra enti di sorveglianza e Tesoro, il quale afferma di aver varato di recente (2,3 miliardi di sterline come annunciato la scorsa settimana dal suo portavoce Jeremy Hunt). L’Institute for Fiscal Studies ha affermato che un aumento dei finanziamenti per i prossimi due anni, nella dichiarazione autunnale della scorsa settimana, riporterebbe solo in termini reali la spesa per alunno al livello del 2010.
Ofsted ha confermato che l’80% delle scuole dichiarate come “di qualità superiore” che aveva rivisitato di recente era stato declassato: tra queste 308 scuole primarie e secondarie. Il dato è costretto a peggiorare per via del caro energia che di fatto, nonostante gli investimenti, limita forzatamente i margini di spesa per le attività scolastiche.
Il caro energetico, anche nel Belpaese, ha messo a dura prova scuole, imprese e famiglie. A fare le spese delle prime, a differenza del Regno Unito che vede fondi misti tra pubblici e privati per ogni scuola, sono gli Enti Locali, specie i Comuni, che già dall’ultima settimana di ottobre annunciano deficit per l’innalzamento dei costi energetici. I Comuni, per tenere in funzione illuminazione e impianti di riscaldamento hanno speso, in media sino ad ora, 1 miliardo ed 800 milioni di euro all’anno.
Si aggiunge a questa immensa somma circa 1 miliardo sostenuto dagli altri Enti Locali per gli istituti superiori per arrivare a quasi 3 miliardi d’euro totali all’anno. Nonostante l’ingente spesa, i recenti rincari, previsti del +32 % per il gas (riscaldamento e servizi mensa) e del +54 % per elettricità (attività scolastiche ed illuminazione). Il riscaldamento nelle scuole, presente in quasi in tutti i plessi, è alimentato prevalentemente a gasolio (12,6%) e a metano (75,2%), con qualche eccezione elettrica e solare.
Anche in questo caso, la transizione ecologica si conferma come strategia vigente per evitare che il peso dei costi energetici gravi sulla didattica e sugli Enti.
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