Egregio Presidente della Repubblica italiana, Le scrivo in seguito alla nomina di Valeria Fedeli a Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, al fine di esprimerle alcune sincere perplessità.
Ciò che più sconcerta di tale incarico non è tanto l’assenza di laurea del neo Ministro, anche se spacciare un diploma per una laurea è più degno di un film del grande Alberto Sordi che di un Ministro della Repubblica.
Non serve, infatti, essere laureati per essere un buon politico, che con passione e competenza, si mette al servizio dello stato e dei cittadini. A tal proposito, è sufficiente ricordare il non laureato Enrico Berlinguer.
Mi creda, Egregio Presidente, ciò che più lascia basiti di tale nomina è che ad occuparsi della scuola italiana, sia stata chiamata un ex sindacalista del settore tessile.
Ancora una volta come insegnanti, studenti, collaboratori scolastici e cittadini, ci sentiamo umiliati, sminuiti e presi in giro. Veramente dopo anni di tensioni, di riforme imposte dall’alto, di promesse non mantenute su risorse e investimenti, di edilizia pericolante, di bizzarri algoritmi, di precarizzazione della professione docente e di salari bassi, il mondo della scuola non meritava di meglio? È troppo, dopo le Moratti, le Gelmini, i Faraone e le Giannini, chiedere che alla guida del Miur fosse nominato un uomo o una donna che conoscesse in modo reale e approfondito i problemi, le necessità e le potenzialità della scuola?
Nella scuola che chiede a tutti di lavorare sulle competenze, le sembra congruo e normale nominare Ministro dell’istruzione chi si è sempre occupato di industria tessile?
È come mandare un gelataio a fare le pizze. Qual è il senso?
Certamente, il tutto potrebbe risultare utile per organizzare stage di alternanza scuola-lavoro nell’ambito della moda, visto che la principale preoccupazione di chi ci governa da decenni sembra essere quella di trasformare la scuola in una azienda-parcheggio sempre più vuota di contenuti e che prepara gli studenti a lavori precari, poco qualificati e poco retribuiti.
Non pensa, Egregio Mattarella, che sia giunto finalmente il momento di investire realmente nell’istruzione, facendo della scuola un luogo autentico di crescita, di democrazia, di conoscenza e di acquisizione di competenze che aiutino gli studenti di oggi ad essere cittadini liberi e consapevoli domani?
Con amarezza, Le porgo i più distinti saluti.