Caro Ministro, docenti e dirigenti stanno perdendo la dignità della loro professione

Cara Valeria,

 

non appena sei stata nominata Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, contestualmente al tuo curriculum, che denota scelte di vita e sensibilità particolari ho pensato che dopo tanti avvicendamenti, si sarebbe posto mano a provvedimenti correttivi a storture che si sono accumulate nel tempo per motivi che sarebbe troppo lungo e anche facile indicare ed errori individuali.

Mi auguro che i tuoi diretti collaboratori sappiano indicarti almeno le sviste più eclatanti e non mi soffermo su nessun punto in quanto non è mia intenzione entrare in sterili polemiche.

Per cui mi perdonerai l’ardire e il tono di questa missiva spinto da due elementi di cui necessariamente debbo darti conto.

Il tono confidenziale è determinato dalla comune militanza in organizzazioni sindacali che presuppongono quella sensibilità alla quale accennavo. L’ardire invece mi è dato dall’avere servito per 47 anni la pubblica amministrazione con ruoli diversi, dai più bassi (fattorino alle Poste a 16 anni) a quelli più appaganti di insegnante, preside e ispettore del Miur.

Ora, da nonno e pensionato cerco di informarmi di quanto avviene nel mondo della Pubblica Amministrazione e della Scuola.

Ogni qualvolta si è insediato un nuovo Ministro, delle cui qualità non ho alcun titolo per esprimere giudizi, mi sono sempre augurato che non azzardassero ipotesi di riforme o di aggiustamenti prima di qualche tempo per almeno rendersi conto del fattibile o dell’ipotizzabile nella concretezza dei tempi a disposizione.

Ma c’è un fatto, cara Valeria, che mi crea personale sofferenza: la constatazione che, a poco a poco, gli stessi insegnanti, gli stessi presidi, oggi dirigenti scolastici, abbiano smarrito il senso e la dignità della loro professione.

E non per colpa loro, per carità! La burocrazia dei numeri, dell’agire “per tabulas”, dell’intendere, da parte di tutti i funzionari, la scuola come un “postificio”, del dire “io ho fatto quello che era di mia competenza” senza alcuna valutazione della utilità pratica del loro agire, nella costante preoccupazione di non “sgarrare” per non essere presi di mira dal superiore gerarchico ed evitare le rogne, ebbene, cara Valeria credo che questo tu non possa approvarlo.

Mi permetto di farti qualche esempio. Con quale spirito docenti di lunga esperienza con i loro problemi familiari possono iniziare serenamente un anno scolastico non sapendo, ancora oggi, dove andranno a insegnare e che cosa?

I dirigenti scolastici in presidenza a far conti con i direttori amministrativi, non conoscono gli insegnanti, non hanno il tempo di guardarli in faccia.

In alcuni uffici amministrativi e presidenze c’è una simpatica (sic!) scritta ammonitoria: “se sei venuto qui per un problema, vuol dire che il problema sei tu!” e allora il povero Cristo che è stato sbattuto lontano dalla sede di titolarità e deve dividersi tra due sedi della stessa scuola, perché il codice meccanografico dice così e nulla è consentito alla intelligente discrezionalità del dirigente scolastico.

Cattivo esempio anche per gli alunni e pessima immagine della Scuola!

A mio modesto avviso, il precedente sistema di trasferimenti, utilizzazioni e assegnazioni provvisorie era più equo ed efficace.

Non oso scendere in altri particolari. Ti prego soltanto di fare appello ai tuoi collaboratori diretti, ai direttori generali e ai dirigenti degli uffici scolastici provinciali di non tenerti celati questi casi. Una volta informata, sono certo che agirai, per quanto possibile (e sarà possibile!) intervenire con quel buon senso che la nostra comune esperienza ci suggerisce.

Con viva cordialità, ti auguro buon lavoro. 

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