Caro Ministro e caro Presidente del Consiglio

Stimatissimi,
sono un docente precario di 33 anni, che dal 2007 segue un proprio sogno. Quello di insegnare, con stabilità, nella scuola. Quando entrai nella Ssis, dopo un concorso molto difficile, si affermava che in poco tempo il ruolo sarebbe arrivato e si sottolineava il valore concorsuale della prova, riconosciuto dopo l’esame di Stato. Da me sostenuto con un voto quasi massimo. In seguito i tagli apportati alla scuola, in parte giusti per gli sprechi ma in gran parte no, perché serviti per fare cassa e non per rilanciare il sistema scuola, hanno colpito anche me. Arrivavo da un anno bellissimo di insegnamento con cattedra annuale. Per i due anni successivi solo il salvaprecari mi ha garantito i punti e pochissimi mesi di insegnamento. Negli ultimi anni cattedre più lunghe, ma sempre nessuna continuità. Fare didattica oggi richiede innovazione, in specie anche nelle mie materie (filosofia e storia). Ho provato a vincere il concorsone del 2012. Anche qui sono approdato all’esame orale e risulto, salvo sorprese, fra i vincitori, approfittando di scorrimenti e passaggi sul sostegno. Ora chiedo a voi alcune soluzioni. In vista di un futuro che non appare roseo come risolvete questa matassa di un concorso che ha previsto 11.542 posti in Italia ma che finora ha visto l’assunzione di quasi 3500 docenti? 11.542 dovevano essere assunti in due anni. Posso apportare una mia idea personale?
1. Se si sdoganasse l’assunzione in ruolo esclusiva nella regione di appartenenza o dove si è proceduto alla gara concorsuale? Io, che desidero lavorare, lavorerei anche in altre regioni se necessario. E naturalmente, lasciando la libertà a tutti i vincitori di fare o meno questa scelta, garantendo comunque il posto anche nella regione scelta in fase di partecipazione al bando.
2. Inoltre ciò sarebbe compatibile con la mobilità su tutto il territorio nazionale.
3. Altra proposta sarebbe quella di passare a una fase di part-time per i vincitori, associandosi ai pensionandi. Ciò graverebbe meno sulle casse dello Stato e anzi, in prospettiva, darebbe garanzia di una cattedra al docente vincitore. Quando si sa che il ruolo è sicuro cambia anche l’approccio psicologico al lavoro. Si ha anche un maggiore rendimento e si cominciano a fare progetti a lungo termine.
Ma, mi chiedo… È così difficile giungere a una facile conclusione? Se si concede lavoro, l’economia gira. Il giovane insegnante appena assunto può cominciare a progettare. Togliersi anche qualche sfizio, pensare a una casa, a un’auto nuova, a investire. L’economia gira con i giovani, non con gli anziani che al massimo, senza stimoli particolari, metterebbero tutto in banca senza far circolare chissà quanta moneta. Mi sembra che questo sia un giusto modo di agire. Siamo in tanti precari della scuola. Idonei e vincitori poi hanno superato prove concorsuali difficili, sottoposti a una selezione durissima. Perché non si tiene conto di questo? Io da parte mia in questo momento, pur avendo una mini cattedra di tre ore, lavoro per l’amore delle persone affidatemi. Però, sinceramente, è difficile insegnare usufruendo di una malattia di un collega. Meglio va con le maternità. E che brutto poi lasciare classi dove hai lavorato progettando, correndo dietro ai tempi ristretti per spiegazioni e interrogazioni, compilando registri on line con sistemi che si impallano. Vi invito a riflettere sulle mie proposte aggiuntive a quanto profilato finora dal ministero. Alcuni problemi sarebbero superati. Perché non è a destra o sinistra che bisogna guardare ma avanti affermava De Gasperi, verso la giustizia sociale. E noi l’etica, la giustizia, i valori in classe, come precari dello Stato, li portiamo. Specie perché amiamo il nostro Paese, anche se questi non ci ricambia l’affetto e l’amore. 
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