Caro Ministro Bianchi, in merito alle sue dichiarazioni a “Repubblica”, stiamo tranquilli se Lei ci fa lavorare con tranquillità… preoccupiamoci in primo luogo di tutelare la salute di tutti…
Il 2020 da marzo in poi è stato un annus horribilis per tanti docenti, che sono andati avanti, sorretti solo dalla loro forza morale di educatori e neanche da un centesimo in più, mentre si sperperavano milioni per fantomatici innovativi “arredi” a rotelle che, proprio in terre terremotate come la citata Emilia Romagna, non servono proprio a niente.
Lei, ora, deve solo preoccuparsi di “mettere al sicuro la scuola”, non solo nei suoi edifici ma anche nell’integrità psicofisica di chi l’ha vissuta da sempre. Sono tanti i docenti che, come me, amano la scuola da quando avevano pochi anni di vita e mai avremmo pensato che righelli e squadrette sarebbero stati usati per misurare fantomatiche distanze tra rime buccali, in un contesto educativo da sempre fatto, di un libero scambio di contatto emotivo, fatto di pensieri e parole, purtroppo di non facile scambio, in un momento storico pandemico che trasforma il contatto in contagio.
Ci lasci lavorare e, se proprio vuol salvare una porzione del lavoro di chi l’ha preceduta, continui pure il ciclo di seminari per “ripensare la scuola nel XXI secolo”, con la Azzolina uditrice di onore… Continueremo ad affiancarci a tutti voi perché amiamo da sempre la scuola ma chiediamo di essere tutelati come persone e come intellettuali.
Quando ci saranno le condizioni, torneremo volentieri in presenza ma le condizioni vanno ponderate, senza inutili corse né a vaccini ancora da sperimentare né a trionfalismi ed atti di un imbarazzante ottimismo che non ammazzano il virus.
Si ricordi che proprio in Regioni come l’Umbria e la sua Emilia Romagna, dove si è fatto di tutto per far finta di niente ed andare a scuola come se il virus non esistesse, ora si torna a frequentare al 50 per cento e si invocano lockdown ancora più tristi, quando ormai è troppo tardi per frenare le pericolose varianti.
Fa bene, Ministro, a chiedere tempo per riorganizzare la sua vita ma consenta di farlo fare anche a tutti quei docenti che da un momento all’altro sono stati ricondotti in classe, per ossequiare decisioni da giudici che da remoto impongono attività in presenza a coloro che svolgono la nobile attività di educare, “educere naves ex portu”, ma per farlo occorre prima che passi la tempesta!
Metta prima al sicuro il suo equipaggio in modo che ogni “classis” non affondi e lasci libera la stiva da classi pollaio che costituiscono quegli “impedimenta”, bagagli di cui non abbiamo bisogno se davvero vogliamo riprendere il cammino, personalizzare gli apprendimenti e guardare i ragazzi negli occhi, operazione che, mi creda, mi riesce benissimo anche in Dad…
Buon lavoro, Ministro!
Pellegrino Caruso