Sta facendo “rumore” il caso del 16enne che frequenta la terza nel liceo più ‘blasonato’ di Padova, il Tito Livio, che ha chiesto di candidarsi come rappresentante di istituto con il suo nome di ragazzo, l’identità di genere in cui oggi si riconosce, e non quello registrato all’anagrafe.
Il ragazzo ha chiesto al suo dirigente scolastico di non essere identificato nell’elenco dei candidati come Paola, il nome depositato all’anagrafe, ma con quello maschile di Luca nel quale ora si identifica.
Il giovane si sente lamenta per l’atteggiamento del dirigente scolastico: “Mi ha stupito la sua intransigenza – dice Luca – e mi ha ferito. Non credo abbia agito per un sentimento negativo nei miei confronti, semplicemente per menefreghismo, mancanza di tatto. Non si è posto il problema”.
Il caso, riportato da Repubblica, è stato commentato dall’on. Alessandro Zan (del Pd) e relatore della legge contro l’omotransfobia. Il deputato pretende chiarezza: “mai la scuola, in quanto istituzione primaria nella formazione delle nuove generazioni, si può rendere responsabile di discriminazioni, né può creare situazioni di disagio per i propri studenti”.
“Ritengo necessario – ha continuato Zan – che il dirigente scolastico chiarisca al più presto la propria posizione. Tramite la scuola possiamo creare una società migliore, libera da stereotipi antichi e patriarcali, più inclusiva e solidale. È necessario uno sforzo da parte degli istituti scolastici affinché questi casi, spesso causati da confusione e scarsa conoscenza della materia – quindi in buona fede -, non degenerino in vere e proprie situazioni discriminatorie per gli studenti, il più delle volte minorenni”.
Nel frattempo, per sostenere la domanda di Luca, rifiutata dal capo di istituto, una cinquantina di compagni del liceo padovano si sono schierati al suo fianco.
Anche loro, come l’on. Alessandro Zan, sostengono che la scuola sta attuando nei confronti del giovane un atteggiamento discriminante.
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