Abbiamo avuto per qualche tempo fra le mani un libro di Mario Alighiero Manacorda, “Per la riforma della scuola secondaria. La ricerca dei comunisti per una soluzione razionale e unitaria della crisi della scuola”, Editori riuniti, 1976, e che per qualche ora ci ha riportato all’epoca in cui il Pci, regolarmente all’opposizione, cercava in tutti i modi di dare una impronta diversa alla nostra istruzione pubblica, da sempre in mano a ministri democristiani, mettendo in campo proposte, idee, strategie pedagogiche e didattiche, studi, analisi e appunto ricerche. Certamente il libro attinge le sue premesse riformiste nella pedagogia laica di indirizzo marxista, ma ciò non toglie il quid principale: siete oggi in grado, come Pd, di elaborare, progettare e ricercare “per una riforma della scuola” in piena autonomia come quel Pci sapeva fare?
Dice Manacorda (p.34) nel 1976: “La proposta comunista di riforma della scuola secondaria superiore -la prima in ordine di tempo e che, come già nel 1959 l’altra proposta comunista di una scuola obbligatoria unica, ha dato il via all’attuale dibattito parlamentare- appare coerente con le tesi gramsciane di una scuola di lavoro intellettuale e industriale, intesa come momento di un nuovo rapporto tra istruzione e lavoro”.
Ricordiamo, mentre ci siamo, che in quello stesso 1959 fu pure presentato un disegno di legge comunista Donini-Luporini dove si proponeva di abolire le bocciature e come nel 1968 propose anche don Lorenzo Milani: “Primo: non bocciare”.
Ma vorremmo anche ricordare che Manacorda diresse “Rinascita” e le riviste “Voce della scuola democratica” e “Riforma della scuola”, insieme con Lucio Lombardo Radice, che la sapeva anche lui lunga sulla scuola e l’istruzione, mentre il Pci custodiva al suo interno una “Sezione scuola” e una “Sezione educativa dell’Istituto Gramsci” che gli consentivano appunto di tessere e lanciare sul “mercato” della discussione la propria visione del mondo e della scuola, della cultura e dell’uomo. Un punto su cui Manacorda insisteva, per combattere l’alienazione capitalistica, riguardava infatti l’“educazione onnilaterale”, nella quale cioè cultura e lavoro, umanesimo e scienza tendono ad emanciparsi, scardinando la cultura borghese che li tiene divisi.
Ma non è questo il motivo per il quale ti chiediamo certe ricordanze. Il motivo più profondo sta oltre e cioè: com’è che da inseguita questa sinistra sta invece inseguendo e da volpe si è trasformata in segugio? Com’è che quella fucina di studi e di ricerche originali, e comunque incudine e martello di grandi dibattiti dove Manacorda, (ma anche Lombardo Radice, Cesare Luporini, Nicola Badaloni, Franco Fortini e altri) faceva scintille, questo Pd l’ha invece trasformata in bottega del riciclo? Com’è che sulla scuola avete così poco da dire, considerata la grande eredità che il tuo partito ha alle spalle?
Ma abbiamo consultato anche un altro testo curato da Tullio De Mauro: “Idee per il governo della scuola”, La Terza, 1995. Sai cosa si dice fra le premesse generali? “La scuola italiana, più di quella di altri paesi, versa in uno stato di degrado. Dal passato ereditiamo un pesante analfabetismo strumentale e funzionale”.
Vent’anni dopo dobbiamo dirci le stesse cose, ma con la differenza che oggi è la destra a dare l’input e voi, gli eredi di Manacorda e di Lombardo Radice e di Fortini e Luporini, a inseguire, e non solo sulle presunte riforme “pedagogiche”, ma anche di sistema in una “affannosa rincorsa dietro agli obiettivi della destra, nazionale e internazionale, quasi a voler dimostrare di essere altrettanto bravi a perseguirli: modernizzazione, liberalizzazione, de-statalizzazione, privatizzazione, decentramento, autonomia”.
Pensi, caro Renzi, di potere fare qualcosa per invertire la tendenza? Ma non perché abbiamo preconcetti o qualcosa di sinistro contro la destra, lo chiediamo per il solo piacere di vedere in contrapposizione dialettica, quella della sinistra hegeliana, due idee al confronto, due visioni del mondo sfidarsi su un grande obiettivo, quello appunto della istruzione e della formazione dei nostri giovani nei confronti dei quali anche don Giovanni Bosco fece e disse la sua, così egregiamente da diventare Santo.
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