La notizia ha dell’incredibile, soprattutto in tempi di spending review.
Qualche giorno fa un pensionato di Riccione si è visto recapitare bella raccomandata con tanto di ricevuta di ritorno spedita dalla sede centrale dell’Inps.
Dopo aver letto le prime righe il pensionato ha chiesto aiuto al figlio pensando di aver capito male il contenuto della lettera.
E invece no, è tutto chiaro: “Gentile signore, dai nostri controlli risulta che nel periodo 1 gennaio 1996-31 dicembre 2000 l’ammontare dei redditi personali da lei percepiti è stato superiore ai limiti della legge 335 del 1995 e quindi secondo i conteggi effettuati dal nostro centro elaborazione dati lei è debitore nei confronti dell’Inps di euro 0,01″.
Giusto per metterla sul ridere il figlio avrebbe già dichiarato che intende chiedere la rateizzazione !
Ma, al di là del sarcasmo che la vicenda suscita, la domanda da porsi è piuttosto seria: quanto è costato accertare il debito del pensionato romagnolo?
E’ pur vero che l’importo del debito si può conoscere solo ad accertamento effettuato, ma poiché il controllo viene certamente effettuato da un programma automatizzato e non da impiegati in carne ed ossa, per quale motivo il software non è predisposto per escludere dalla richiesta di pagamento le somme inferiori ad un certo tetto?
Tralasciamo il costo dell’accertamento, ma non sarebbe possibile in questi casi evitare almeno le spese di notifica? D’altronde in sede di dichiarazione dei redditi a fine anno, se il debito o il credito del contribuente è inferiore ad una certa somma, nulla è dovuto da entrambe le parti.
E perché mai l’Inps si comporta diversamente? Ma l’Inps funziona con denaro pubblico o è un’azienda privata libera di decidere come usa i propri soldi?
In tempi in cui si tagliano persino le pensioni più basse, è davvero sgradevole venire a sapere che le Pubbliche amministrazioni non si preoccupano di risparmiare neppure sulle cose più evidenti.
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