Sì, aumenta l’inflazione, si combatte in Ucraina, il Covid non va in vacanza: tutte situazioni di emergenza, a confronto delle quali può suonare stonato mettere in evidenza le condizioni in cui docenti, studenti e personale scolastico stanno affrontando l’Esame di Stato, ma credo che davvero quest’anno una riflessione vada fatta.
E cominciamo dalle PROVE SCRITTE… A parte la durata (6 ore di svolgimento, più i tempi tecnici della riproduzione delle tracce e gli studenti non possono uscire prima di 3 ore: i reni ringraziano!), le prove si svolgono in aule non necessariamente capienti: nel mio caso, nell’ala nuova, cercando ovviamente la sistemazione più fresca, ma sempre di (mediamente) 25 studenti più 3 docenti, tutti insieme, si tratta, benché distanziati (?). Supportati da un ventilatore portatile che fa quel che può, finestre, porte, portoni, tutto spalancato, vuoi per la ventilazione anti-covid, vuoi per creare un po’ di “sana” corrente. I ragazzi, si sa, sono giovani, ma la maggior parte dei poveri docenti non è certo nel fior degli anni (età media dei docenti in Italia: il 62% è over 50) e quindi, magari non si ammala di covid, ma il “colpo d’aria” (torcicollo, mal di schiena, otite, ecc.) mite vittime. Ciò non toglie che nemmeno i giovani siano esenti da rischi, in quanto alcuni banchi sono posizionati a ridosso delle finestre aperte, i cui spigoli sono piuttosto pericolosi. ALLA FACCIA DELLA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO!
E l’ACQUA? Da quando è partita la pandemia, i distributori automatici di snack e bevande sono stati tolti, per cui o beviamo quella di rubinetto – potabile, per carità! – o ce la portiamo da casa, magari in una borsa termica (c’è il frigorifero giusto nel laboratorio di chimica).
E LA CORREZIONE? Gli unici spazi dell’edificio dotati di aria condizionata sono la Presidenza, l’Aula Docenti (unica, evidentemente) e alcuni uffici di Segreteria: dobbiamo tirare a sorte? Stoici, come sempre, osserviamo come gli astronomi babilonesi da che parte gira il sole, per cercare di guadagnare delle postazioni un po’ più fresche, ma… ecco che – dopo aver rispettosamente atteso che almeno fossero espletate le prove scritte – parte l’animazione del GREST della vicina parrocchia: forse la musica a tutto volume non aiuta la concentrazione, ma almeno fa allegria, sembra di stare al “Jova Beach Party”!
INFINE, in questi giorni, sono partiti i colloqui orali: date le temperature, fino alle 11.00 si riesce più o meno a conservare la concentrazione, oltre… mah?!
ORA. Sono consapevole del fatto che non lavoro in miniera e nemmeno in conceria, non ho la querimonia facile, ma SE PROPRIO bisogna tirare avanti con questo rituale dell’Esame di Stato (non entro nel merito della sua utilità, si aprirebbe una ulteriore manfrina), almeno si prenda atto delle condizioni in cui si lavora e qualche anima pia di burocrate ministeriale, dall’alto del suo ufficio, dotato di condizionatore e boccioni di acqua fresca, decida che l’Esame cominci non più tardi del 1° giugno – da rivedere da tempo, peraltro, sarebbe tutto il calendario scolastico.
I cambiamenti climatici, nella loro evidente drammaticità, investono ogni settore delle nostre vite e se, da un lato, ciascun cittadino è tenuto ad operare al meglio, nel suo piccolo, per contribuire a contenere i danni, dall’altro sarebbe ora che un’Amministrazione pubblica, se non è in grado di fare investimenti indubbiamente onerosi per ammodernare le strutture in cui vivono ed operano così tante persone, almeno adottasse quelle misure di semplice BUON SENSO che, A COSTO ZERO, consentirebbero agli operatori di lavorare in condizioni meno difficili.
Monica Quetore