La carriera alias a scuola continua a fare discutere a seguito del caso del ragazzo del liceo Cavour di Roma a cui il docente ha contestato il compito in quanto firmato con un nome diverso da quello indicato sulla carta di identità.
Anche il ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha commentato: “Il Ministero sostiene tutte le opportune verifiche che riterranno di mettere in campo il dirigente scolastico e l’Ufficio Scolastico Regionale, per appurare se si sia in presenza di un caso di discriminazione. La scuola è il luogo per eccellenza deputato allo sviluppo e alla realizzazione della persona umana e non può ovviamente ammettere al proprio interno alcuna forma di discriminazione”.
Un punto di vista, quello del Ministro, che come abbiamo già sostenuto sembra più cauto rispetto alle posizioni espresse in campagna elettorale dal partito della Lega, che periodicamente e con una certa frequenza torna parlare di “indottrinamento gender”.
Sul tema, un sondaggio di Skuola.net (che ha coinvolto 1.800 alunni delle scuole superiori) avverte che quello romano non sarebbe un caso isolato.
Secondo la maggioranza degli alunni – leggiamo sul comunicato del portale scolastico – la scuola non è inclusiva. Infatti, più della metà degli intervistati è stato testimone di alcuni episodi di discriminazione, mentre per un altro 19% questi sono addirittura all’ordine del giorno.
Quasi la metà delle ragazze e dei ragazzi coinvolti (44%) rivela, infatti, che nella propria scuola, temi come l’orientamento sessuale e l’identità di genere siano poco considerati. Sempre meglio di quel 34% che racconta che nel proprio istituto questi argomenti sono quasi un tabù. Alla fine, solamente 1 su 5 ha frequentemente occasione di parlarne in classe. Ma anche tra gli studenti non tutti la vedono allo stesso modo: se oltre 8 su 10 si dicono del tutto o in parte pronti alla svolta, il resto (17%) è invece diviso tra chi è “tendenzialmente contrario” e chi invece è assolutamente contrario.
E sulla carriera alias, in particolare appena il 10% dei rispondenti dice che è stata attivata nella propria scuola. La metà degli intervistati (50%), al contrario, afferma che, pur essendoci qualche alunno che la sfrutterebbe volentieri, perché in transizione o comunque con un’identità sessuale non definibile col tradizionale binomio maschio-femmina, tale opportunità non esiste e non è prevista a breve la sua attivazione. Tutti gli altri, invece, dicono di non avere informazioni al riguardo o di non avere compagni di scuola che ne potrebbero avere bisogno.
Inoltre, laddove la carriera “alias” è stata attivata – continua il comunicato – l’iniziativa è stata quasi sempre degli studenti: nel 77% dei casi con richieste specifiche, mentre un timido 13% ha confermato di aver manifestato per l’ottenimento di questo strumento. Stesso discorso per l’introduzione di bagni “neutri” nelle scuole: solamente il 17% li ha a disposizione, mentre il 72%, anche a fronte di potenziali utenti, non ha trovato una scuola aperta all’ascolto. E quasi sempre ci si è arrivati dopo accese proteste (32%) o quantomeno una richiesta formale (58%). Appena 1 scuola su 10 è arrivata a queste decisioni in autonomia.
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