Sono un docente di materie tecniche di scuola secondaria di secondo grado con 21 anni di carriera (di cui 7 da precario e 14 di ruolo). Nel corso della mia carriera ho insegnato sia nei corsi diurni che in quelli serali e ho 13 anni di esperienza nell’ambito dell’educazione degli adulti.
Riguardo le linee guida della “buona scuola”, pur apprezzando alcune cose (in primis la risoluzione definitiva del problema del precariato) volevo però fare delle osservazioni riguardo la carriera dei docenti perchè su questo punto nutro forti perplessità per non dire su alcuni aspetti decisa contrarietà.
1°) In linea di principio non ho nulla contro la meritocrazia ma è fondamentale che il metodo di valutazione dei docenti sia tale da premiare effettivamente chi si dedica con professionalità, impegno e passione all’insegnamento, premiando effettivamente prima di tutto questo e secondariamente aspetti collaterali all’insegnamento. Altrimenti se i parametri valutativi non sono incentrati soprattutto sul valore dell’insegnamento c’è il grosso rischio che vengano premiati i docenti che dedicano meno ore alla preparazione delle lezioni , alla correzione delle verifiche e alla programmazione didattica e così abbiano più tempo per altri incarichi più o meno utili e corsi di formazione vari.
2°) Se si pensa poi che la qualità dell’insegnamento di un docente possa essere valutata tramite i risultati dei test Invalsi o qualcosa di simile allora siamo del tutto fuori strada. In altre nazioni dove hanno iniziato prima questo metodo si sono accorti che non funziona e ha prodotto oltretutto la stortura che i docenti impostavano la didattica preoccupandosi soprattutto di preparare gli studenti per questi test e tralasciando cose ben più importanti
3°) Altrettanto errato è pensare di istituire una sorta di comitato di valutazione interno all’istituto che valuti il lavoro dei colleghi. Questa metodologia di chiaro stampo aziendale non si addice affatto alla scuola che è una realtà del tutto diversa. Qui il discorso è troppo lungo per essere approfondito in questa lettera , ma i danni che creerebbe questo metodo sarebbero gravissimi. Inoltre è assurdo stabilire una percentuale prefissata (il 66%) di docenti meritevoli in ogni singolo istituto o reti di istituti . Se si vuole che i docenti, come hanno sempre fatto, realizzino un fattivo spirito di collaborazione nella realizzazione dell’offerta formativa non si può indire una sorta di campionato tra di loro.
4°) Suggerirei di istituire ai fini della valutazione e progressione di carriera dei docenti degli anni sabbatici nel corso della carriera (ovviamente retribuiti!) dedicati interamente ad attività formative di aggiornamento da svolgersi presso le università ed altri enti di formazione , sia per tutto ciò che concerne la didattica sia anche per l’aspetto dei contenuti delle discipline insegnate soprattutto nel settore tecnico-scientifico,con esami finali da superare . Si potrebbe poi dare la possibilità a chi vuole di fare oltre le 18 ore settimanali di cattedra altre 6 ore per attività aggiuntive strettamente inerenti la didattica (recuperi, sportelli didattici, lezioni on line, preparazione di materiali attinenti la didattica, funzioni strumentali, ecc.) che devono essere adeguatamente retribuite. In questo modo si premierebbero effettivamente coloro cui sta a cuore la scuola, la crescita e la maturazione degli studenti.
5°) In ogni caso è comunque gravemente errato passare quasi immediatamente (come appare nelle linee guida) da un criterio di progressione di carriera basato solo sull’anzianità ad uno basato solo sulla meritocrazia. Prima di tutto perchè è come minimo necessaria una fase transitoria in cui vanno tutelati diritti acquisiti (ad esempio chi in base alle attuali regole dovrebbe avere lo scatto di anzianità a partire da settembre 2016 se lo vedrebbe negato e dovrebbe aspettare fino al 2018, come se non bastasse il fatto di avere il contratto bloccato da sei anni e gli scatti posticipati di due anni, e solo se rientrerà nel famoso 66% , è una ingiustizia clamorosa) e poi perchè le riforme per essere fatte bene necessitano di una buona dose di umiltà. Intendo con questo dire che ci deve essere un ampio periodo sperimentale in cui testare se funziona bene o no il nuovo criterio meritocratico, qualunque esso sia, e per ridurre eventuali danni devono coesistere l’anzianità e il merito. Infine, anche a regime , non si dovrà eliminare del tutto l’anzianità come criterio di miglioramento retributivo, anche perchè mi risulta che in quasi tutte le altre nazioni è considerato.
6°) Ultima cosa ma fondamentalissima: non ha alcun senso, non può avere alcun consenso di base, una riforma della carriera dei docenti che non abbia come prima fase la presa d’atto da parte del governo che si deve rinnovare un contratto-scuola bloccato da vari anni. Infatti se prima non si adeguano in modo dignitoso gli stipendi per ridargli almeno in parte il potere d’acquisto perduto in questi anni (facendolo eventualmente in modo graduale nei prossimi anni) allora l’unico risultato del metodo meritocratico sarebbe quello pernicioso e tristissimo di scatenare fra i docenti una lotta tra poveri che non può di certo proiettare la scuola italiana all’avanguardia nell’affrontare le molto impegnative sfide culturali del terzo millennio.
Mi auguro che il dibattito aperto a tutte le componenti del mondo della scuola che le linee guida prevedono serva effettivamente per indurre il Parlamento ad apportare tutte le modifiche necessarie allo schema di partenza, in tal modo si realizzerà veramente una riforma ampiamente condivisa.