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Quello dello sviluppo di carriera del personale docente della scuola è sempre stato un tema molto complesso e delicato; anzi, per la verità, si tratta di una questione che è andata complicandosi sempre di più con il passare degli anni.
In tempi lontani (parliamo di mezzo secolo fa) c’era il cosiddetto “concorso per merito distinto” che prevedeva delle vere e proprie prove d’esame per consentire agli insegnanti di accelerare la progressione stipendiale (negli anni ’80 poteva accedere al concorso chi aveva già un certo numero di anni di servizio).
Il tema si pose con maggior evidenza al tavolo delle trattative a fine anni ’80 con l’ormai “storico” contratto siglato con il Ministro della Funzione Pubblica Paolo Cirino Pomicino: gli aumenti stipendiali furono molto significativi (il 20-25% rispetto allo stipendio di allora), ma ciononostante l’accordo non venne firmato da tutti i sindacati.
Lo racconta bene Emanuele Barbieri, segretario nazionale della Cgil-Scuola nei primi anni Novanta, in un suo breve saggio che ricostruisce il complesso dibattito che si è volto in Italia sui criteri per l’avanzamento di carriera dei docenti nei 25 anni che vanno dai Decreti Delegati del 1974 al “concorsone” di Luigi Berlinguer nel 1999.
Ecco cosa scriveva Barbieri agli inizi degli anni 2000 nel suo saggio disponibile nel sito della Fondazione Agnelli a proposito del contratto del 1988, considerato il più “ricco” della storia, con aumenti medi del 20-25%: “Il confronto contrattuale e la sua conclusione produssero una forte tensione tra le confederazioni, in particolare tra la CISL e la CGIL. Si inasprì anche il rapporto tra la confederazione CGIL e la CGIL-Scuola, ritenuta responsabile di non aver contrastato sufficientemente le spinte corporative. Trentin previde per il sindacato di categoria una lunga marcia nel deserto”.
Sorprendenti le parole successive: “Sicuramente quel contratto contribuì alla crescita della spesa pubblica e dell’inflazione. La CGIL-Scuola non firmò l’ipotesi di accordo ritenendo che il considerevole impegno finanziario dovesse essere accompagnato anche da un miglioramento nella organizzazione e nella qualità del servizio”.
In altre parole Cgil Scuola non firmò per il contratto non conteneva elementi considerati innovativi, come per esempio riconoscimenti retributivi (ma non solo) per valorizzare i docenti più efficaci.
Alla fine degli anni ’90 i sindacati confederali siglano il contratto che prevedeva consistenti aumenti stipendiali per chi avesse superato un apposito concorso. Quando però fu il momento di dare applicazione a quella norma, i sindacati di base (Gilda, Cobas e Unicobas in testa) proclamarono uno sciopero che vide una partecipazione massiccia dei docenti. In poco tempo il ministro di allora (Luigi Berlinguer) fu costretto alle dimissioni (rimasero al loro posto i segretari sindacali che avevano firmato il contratto, in base al ben noto principio – lo ricorda ancora Barbieri – che “le vittorie hanno tanti padri e le sconfitte sono di uno solo”)
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Da quel momento la storia prende una piega diversa: quando viene siglato il contratto 2002/2005 le parti concordano di inserire nell’accordo l’articolo 22: “Le parti stabiliscono di costituire, entro 30 giorni dalla firma definitiva del presente CCNL, una commissione di studio tra ARAN, MIUR e OO.SS. firmatarie del presente CCNL, che, entro il 31-12-2003 elabori le soluzioni possibili, definendone i costi tendenziali, per istituire già nel prossimo biennio contrattuale, qualora sussistano le relative risorse, meccanismi di carriera professionale per i docenti.
Le parti convengono che la commissione di cui al comma precedente finalizzi la propria attività alla realizzazione di meccanismi di carriera che contribuiscano alla costruzione di una scuola di alto e qualificato profilo, che assicuri agli alunni i migliori livelli di apprendimento, valorizzi i talenti e prevenga situazioni di difficoltà e disagio. Tra gli strumenti a tal fine necessari si conviene essere utile l’istituzione di un sistema nazionale di valutazione del sistema scolastico”.
Come è prassi il termine del 31 dicembre 2003 venne considerato puramente indicativo e non ordinatorio e quindi le cose andarono per le lunghe: nei mesi successivi l’Aran predispose una sua proposta che venne successivamente discussa con i sindacati.
Nel maggio del 2004 usciva il documento finale che si concludeva con questa proposta: “E’ ipotizzabile che un docente possa preferire, ad un certo punto della propria carriera, un minor impegno frontale a favore di altre attività di supporto e di collaborazione in cui la professionalità complessivamente acquisita gioca un importante ruolo di garanzia”.
“Pur escludendo l’ipotesi di un totale distacco dall’insegnamento – auspicava la Commissione di cui facevano parte anche i rappresentanti sindacali – si può ipotizzare che la carriera docente si caratterizzi per l’opportunità di continuare a insegnare, fare ricerca, attuare metodologie didattiche e formative nelle sedi scolastiche e con la possibilità di sbocchi ed utilizzi esterni, verso l’Università, Scuole di specializzazione, IRRE ed altro ancora”.
Per concludere: “Non è infine da escludere che aspetti diversamente funzionali all’insegnamento con aree di esperienza specifiche possano dare luogo a figure di sistema a tempo pieno anche connesse al funzionamento di reti di scuole, ad attività specialistiche, di supporto e di alta definizione”.
Fu l’ultimo tentativo in questa direzione.
Poi, in nome della “unicità della funzione docente” tutto si è fermato.
In una testata giornalistica quando un cronista acquisisce competenze diventa magari redattore o gli si dà da curare una pagina; un redattore può diventare un corrispondente dall’estero o inviato speciale. Oriana Fallaci iniziò il suo lavoro frequentando le questure per mettere insieme notizie per la cronaca locale, e terminò il suo lavoro come una delle più apprezzate giornaliste italiane.
Nella scuola italiana anche il migliore insegnante è sempre docente dal primo all’ultimo giorno del suo lavoro.
Almeno per ora è improbabile che la situazione possa cambiare.