Lo dice con convinzione la ministra Maria Chiara Carrozza: ”Ho parlato di questo con Enrico Letta. Lui tiene molto a usare la scuola per la disseminazione dell’Europa in vista non solo delle prossime elezioni ma anche in vista della presidenza italiana” del Consiglio Ue. A margine del consiglio Istruzione in corso a Bruxelles, Carrozza rileva l’esigenza di insegnare cosa sia e come funzioni l’Ue.
”Non è facile capire le istituzioni comunitarie, e non è facile spiegarle”. Introducendo quella che il ministro definisce ”l’educazione civica europea” si può diffondere la materia anche fuori la scuola. ”Educando i figli si possono educare anche i genitori, io in questo ci credo”.
E poi, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la ministra ha detto: ”La giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999, chiama in causa le istituzioni e la società civile contro un fenomeno inaccettabile: dobbiamo fare in modo che la scuola non sia semplicemente un luogo in cui si celebrano le ricorrenze, ma lo spazio in cui si sedimenta un reale cambiamento culturale”.
”Il vero cambiamento culturale – dice la Carrozza – non passa solo per la sacrosanta denuncia degli episodi di violenza, ma per un riconoscimento concreto del contributo delle donne nella società a tutti i livelli, nel mondo dell’università e della ricerca, nella pubblica amministrazione e nell’impresa. Su questi temi dobbiamo essere costantemente impegnati, per far sì che il contrasto alla violenza contro le donne ci accompagni tutti i giorni”. Per Carrozza, ”questo è vero a livello globale, se consideriamo che in molti paesi il diritto all’istruzione viene negato ad alcune persone solo in quanto donne. Il Presidente Napolitano, proprio in occasione dell’apertura dell’anno scolastico, ha ricordato le coraggiose parole della giovane pakistana Malala Yousafzai: I libri e le penne sono le armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”. ”Il cambiamento culturale è il complemento essenziale delle sanzioni”, conclude il ministro, ricordando che ”il decreto L’istruzione riparte, proprio in attuazione della legge sul femminicidio, nella formazione del personale scolastico sottolinea l’importanza dell’aumento delle competenze relative all’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere”.
E vedendo tutte queste dichiarazioni da una diversa angolazione, viene il sospetto che alla scuola si vogliano addossare tutti i compiti più insidiosi per migliorare la società, cosicchè se si parla di salute, prevenzione, alimentazione, sport, droga, bullismo, legalità, violenza, tecnologie, immigrazioni, razzismo ecc. bisogna sempre partire dalla aule scolastiche e dall’istruzione, glissando però, e sempre, sia sulla formazione-aggiornamento, iniziale e in itinere, dei professori, sulle strutture e i mezzi per lavorare, e soprattutto sugli emolumenti e i riconoscimenti morali e culturali da conferire a chi poi sul campo deve provvedere a mettere in pratica queste nobili attribuzioni. Ma si ha pure il sospetto che nel momento in cui non si ha l’idea dove dare il colpo di maglio e come rispondere alle esigenze di una realtà sociale in travolgente cambiamento si tira in ballo la scuola e la sua negletta “mission” educativa.
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