“Il bonus da 500 euro per la formazione obbligatoria annuale è destinato a rimanere in vita anche nei prossimi anni, seppure con qualche modifica sull’utilizzo più finalizzato allo scopo”. A sostenerlo è il nostro direttore responsabile, Alessandro Giuliani, a colloquio con Radio Cusano, il 21 maggio, nel corso del consueto appuntamento settimanale “L’angolo del direttore”.
Commentando i dati pubblicati dal Il Sole 24 Ore del 21 maggio sulle conseguenze pratiche del piano triennale di formazione dei docenti di ruolo introdotto dalla Legge 107/15 ed analizzati dalla Tecnica della Scuola, Giuliani ha detto che dopo gli acquisiti dei dispositivi elettronici, i computer e i materiali utili a rinforzare la didattica, per la fruizione dei 500 euro annui inseriti nel ‘borsellino elettronico’ individuale “dovrebbe ora essere giunto il momento di fare formazione vera: quella derivante da corsi ad hoc, utili a migliorare le conoscenze della propria disciplina o dell’insegnamento in generale”.
Mentre sino ad oggi, sono risultati in netta minoranza i docenti che hanno speso il soldi della carta docente per usufruire di formazione diretta, in presenza oppure on line. Il fatto stesso che nel Contratto di Governo M5S e Lega non sia presente questa modifica alla Buona Scuola, invece da superare in diverse altre parti, è abbastanza indicativo sulle intenzioni del nuovo esecutivo.
“Detto questo – ha continuato il giornalista – è improbabile che il Governo che si andrà a formare vada a cancellare tale dispositivo, introdotto dalla Buona Scuola di Renzi, la quale dopo decenni di vuoto ha introdotto l’obbligatorietà dell’aggiornamento anche tra i docenti, come già accade per gli altri professionisti”. E come previsto dell’Unione Europea.
Lo stesso senatore Mario Pittoni, responsabile scuola del Carroccio, considerato il favorito a ricoprire la carica di ministro dell’Istruzione qualora la “poltrona” di viale Trastevere andasse alla Lega, ha detto che certamente “si possono finalizzare meglio fondi e procedure”, tuttavia “l’aggiornamento professionale è importante, e va mantenuto”.
“Neanche il Movimento 5 Stelle – ha aggiunto il nostro direttore – avrebbe interesse a tagliare una norma che, a differenza di molte altre della Legge 107/15, non ha suscitato polemiche. Andando anzi a determinare delle opportunità di crescita professionale altrimenti impossibile da realizzare. Tutt’al più, possiamo aspettarci delle modifiche per migliorarne l’utilizzo e renderlo più finalizzato allo scopo”.
Sono altre le disposizioni scolastiche su cui l’esecutivo intende mettere mano, come indicato nel Contratto di Governo M5S-Lega sottoscritto in questi giorni: cancellare la chiamata diretta dei docenti, sopprimere le classi ‘pollaio’ e il precariato, ridimensionare l’alternanza scuola lavoro e probabilmente anche il bonus merito. La stessa virata sulla Buona Scuola, che non va più “smantellata” ma “superata”, confermerebbe questa ipotesi.
Durante la puntata radiofonica, si è infine parlato della possibilità di lasciare il lavoro quota 100 (contributi versati più età anagrafica), eventualità caldeggiata da più parti e compresa nel programma del M5S-Lega: “noi – ha detto Giuliani – consigliamo di essere un po’ cauti su questa faccenda, perché nel volgere di poco tempo si manderebbero in pensione fortemente anticipata, rispetto agli attuali 67 anni, diverse centinaia di migliaia di lavoratori senza la copertura economica adeguata”.
“Gli esperti di Economia ci dicono che “i costi pensionistici sono destinati a salire, dal 2020 per i successivi 20 anni, con la riforma Fornero in essere: figuriamoci – ha continuato il direttore – se si dovesse approvare una controriforma che prevede l’uscita anticipata non di due-tre anni ma molti di più: cosa potrebbe accadere agli equilibri economici dello Stato è facile da prevedersi”.
Interpellato, infine, sull’asilo-nido gratuito solo per le famiglie di italiani, anche questo previsto dal Contratto di Governo M5S-Lega, Giuliani si è detto scettico: “appare improbabile passare alla gratuità del servizio, perchè oggi uad na famiglia media, non certo benestante, residente a Roma o a Milano, per mandare in un nido pubblico, a tempo pieno, un bimbo fino a tre anni, si chiedono dalle 400 euro alle 500 euro se non di più”.
“In ogni caso, comunque appare illegittimo e discriminante lasciare fuori famiglie di altre nazionalità”, ha concluso il direttore.
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