Dopo la sentenza della Cassazione n. 29961 del 27 ottobre 2023, è ormai pacifico (a livello giurisprudenziale) che la Carta Docenti dev’essere erogata – oltre che per i precari con contratto fino al 31 agosto – anche in caso di supplenza “fino al termine delle attività didattiche”, dunque fino al 30 giugno.
Non è ancora chiaro se il bonus spetti anche in caso di “supplenze brevi”.
Al di là della definizione, per supplenze brevi o temporanee si intendono anche quelle che si protraggono fino al termine delle lezioni e coprono di fatto tutta l’attività di docenza annuale.
Dopo un primo approccio negativo, la giurisprudenza più attenta ha ritenuto irragionevole riconoscere il bonus per una supplenza fino al 30 giugno (che potrebbe essere conferita anche a fine dicembre, per un totale di circa 180 giorni) e non riconoscerlo in caso di supplenza magari svolta presso il medesimo istituto fino al termine delle lezioni per oltre 250 giorni, solo perché il termine non coincideva con la fine delle attività didattiche.
Dopo che la Cassazione aveva dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato sul punto dal Tribunale di Novara, il Tribunale di Lecce ha nuovamente rimesso la questione alla Corte di Giustizia, chiedendo al Giudice europeo di precisare se il beneficio si possa estendere anche ai docenti incaricati di supplenze brevi.
Non si conoscono i tempi entro i quali la Corte Europea deciderà il caso.
Tuttavia, è indubitabile che la rimessione alla Corte Europea non ha lasciato indifferente la giurisprudenza nazionale.
Sono davvero tanti i Tribunali che riconoscono – magari con qualche distinguo- il bonus anche in caso di supplenze brevi.
Alle pronunce favorevoli dei giudici di primo grado, si è recentemente aggiunta la Corte d’Appello di Torino (sentenza n. 165 del 24 maggio 2024).
Nel caso specifico, si trattava di una docente che aveva prestato ininterrottamente servizio da gennaio agli scrutini, per complessivi 155 giorni.
Secondo l’art . 11, comma 14, della legge n.124/99, è equiparato al servizio annuale “il servizio di insegnamento non di ruolo se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”.
La Corte d’appello ha rilevato che ciò che rileva al fine della verifica sulla disparità di trattamento è la comparabilità delle mansioni.
Infatti, la Corte di Giustizia -con ordinanza del 18 maggio 2022 nella causa C_450/2021- aveva affermato il diritto dei docenti precari di ottenere il bonus, escludendo che la natura temporanea (e dunque la durata del rapporto di lavoro) possa costituire una ragione obiettiva per precludere il diritto di fruire della carta docenti.
Il Giudice dell’appello ha riportato in motivazione un passo della citata sentenza n. 29961/2023 della Cassazione, nel quale si legge che “l’avere il legislatore riferito il beneficio all’anno scolastico non consente di escludere da un’identica percezione di esso quei docenti precari il cui lavoro, secondo l’ordinamento scolastico, abbia analoga taratura”.
Dunque, secondo la sentenza in commento, la carta docenti spetta “in tutti quei casi in cui la continuità della prestazione lavorativa sia tale da elidere qualsiasi differenza con il lavoro svolto dal docente di ruolo”.
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