Anche i docenti precari hanno diritto alla “Carta Docenti”.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Europea con ordinanza depositata il 18 maggio 2022, a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale avanzata dal Tribunale di Vercelli.
Com’è noto, la legge n.107/2015 aveva previsto un bonus di 500 euro all’anno a favore dei docenti, spendibile per l’acquisto di tablet, computer, libri, ingresso a musei, corsi di formazione, ecc., riservandolo però ai soli docenti di ruolo.
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Vercelli si è chiesto se una normativa del genere fosse compatibile con quanto stabilito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato (Direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999) che vieta ogni disparità di trattamento tra lavoratori con contratto a tempo determinato e lavoratori con contratto a tempo indeterminato.
La “carta elettronica docenti” ha lo scopo di favorire ed agevolare la formazione dei docenti, fornendo loro un contributo economico per accedere a corsi di perfezionamento e/o aggiornamento, iniziative ed eventi culturali, acquisto di testi culturali e software.
Non si comprendono le ragioni per cui non sia prevista tale agevolazione per il docente precario, già meno pagato ma tenuto però -come i colleghi di ruolo- a partecipare ai corsi di formazione.
La legge n. 107/2015 (cosiddetta “Buona scuola”) era stata voluta da Matteo Renzi per evitare allo Stato Italiano di dover versare svariati milioni di euro ai docenti precari, a titolo di risarcimento per abuso di contratto a termine nei loro confronti.
La Corte Europea aveva infatti affermato che lo Stato Italiano aveva fatto ricorso per oltre dieci anni a contratti a tempo determinato, senza indire alcun concorso, pur in presenza di migliaia di posti vacanti.
Veniva così avviato il “piano straordinario di assunzioni”, cui faceva seguito quello straordinario della mobilità, che ha spedito migliaia di docenti nelle più svariate aree del nostro Paese.
Il paradosso è che una legge emanata per sanare una discriminazione rilevata dalla Corte Europea abbia previsto a sua volta nuove discriminazioni nei confronti dei docenti precari.
Già da un po’ la questione è oggetto di agitazione da parte del personale precario, coadiuvato dalle principali sigle sindacali.
“Non lo faccio per i soldi” è forse la frase che si sente ripetere più spesso dalle migliaia di docenti che in questi giorni fanno la coda nelle sedi del sindacato per aderire ai ricorsi.
“Non ci sembra giusto che, per frequentare lo stesso corso di aggiornamento, un docente precario debba pagare di tasca sua, mentre è gratis per i colleghi di ruolo!”.
Spiace dover constatare che – accanto alla discriminazione per razza, per sesso o per motivi religiosi- ci sia anche una discriminazione più sottile tra lavoratori “fissi” e lavoratori precari, benché lo Stato italiano abbia da tempo sottoscritto l’accordo europeo sulla parità di trattamento e – cosa ancor più inquietante- che responsabile di tale discriminazione sia il Ministero dell’Istruzione.
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