I lettori ci scrivono

Carta vince, carta perde: la battaglia dell’autunno è terminata (o forse è solo sospesa)

Una lunga battaglia, estenuante e logorante, non priva di ‘suspense’ e colpi di scena. Le sorti del conflitto erano in bilico. Chi mai avrebbe vinto. Il desiderio irrefrenabile di sapere dei docenti o le dure e spietate leggi dell’economia che imponevano (impongono) di far quadrare il bilancio?

Ora che tutto è finito e la sorte ci ha arriso, possiamo anche confessarlo col sorriso sule labbra e ancora un po’ di apprensione. Per un attimo e molto di più abbiamo temuto il peggio. Siamo arrivati ad un passo dalla sconfitta. Il nostro obiettivo sembrava ormai irraggiungibile, eravamo ormai rassegnati, pronti alla resa. Poi, a sorpresa, la buona novella. Le ragioni del calcolo e del risparmio avevano ceduto davanti all’ardore e alla passione incontenibili di voler seguire ‘virtude e conoscenza’. Così abbiamo vinto e la tanto sospirata e anelata ‘carta dei docenti’ è stata conquistata. Non è proprio la somma che ci si aspettava (qualcosa di meno), non importa è comunque un grande e sofferto successo, almeno per quest’anno.

Esultiamo, va bene, ma fino a che punto? Poco meno di 500 euro per formarci e aggiornarci (e solo in determinati campi). Certo, finalmente potremmo di nuovo comprare l’ennesimo computer, il nuovo tablet, qualche recente software, forse anche una stampante e poi ancora, perfezioneremo la nostra didattica con specifici corsi on-line, impareremo nuove lingue, visiteremo mostre pittoriche e musei, frequenteremo cinema e teatri, acquisteremo senza mai fermarci libri su libri, didattici e non, per noi, o magari per gli amici, e altro, altro ancora (entro certi limiti, ovviamente).
Non è forse meraviglioso! Però con solo cinquecento euro e forse qualche spicciolo ancora fruibile dell’anno precedente dovremmo ridimensionare i nostri sogni e operare un’oculata scelta su quale attività svolgere quest’anno. Non tutto si potrà fare in un solo anno. Non importa, qualcosa ogni anno e lentamente diverremo professori sapienti e capaci nell’insegnamento, in obbedienza a quanto ci viene richiesto (con ‘forti’ inviti) dalla società e dal ‘potere’. Del resto, carta o non carta, il docente è in continuo aggiornamento (volontario o involontario, cosciente o no). Cambiano continuamente, in questa realtà multiforme e magmatica, gli alunni e le loro esigenze, le tecniche e le metodologie didattiche, le necessità dei genitori, le richieste del lavoro, la struttura della società. Come poter restare indietro. Occorre aggiornarsi sempre per essere in grado di comunicare (e insegnare) con chi, un giorno, guiderà la comunità (questo è l’orientamento imperante).

Però, per quanto la mia opinione potrà essere poco apprezzata (o duramente criticata), di queste 500 euro (che comunque, con un po’ di ipocrisia, accetto e di cui ringrazio il Potere) ne avrei fatto anche a meno.

Avrei gradito aver la possibilità di aggiornarmi da solo, in piena libertà, senza legarmi, per forze di cose, ad alcuna ‘carta’ (la libertà di farlo c’è anche con la ‘carta’, ma non è proprio la stessa cosa). Poi avrei preferito e preferirei che fosse subito riconosciuto automaticamente per tutti (senza bisogno di fare ‘domanda’) il 2013 per la progressione della carriera (anche dopo le sentenze favorevoli di alcuni tribunali italiani, tra cui quello di Roma), avrei auspicato che fosse stata sbloccata l’indennità contrattuale (ferma alla 0,5 %), sarei stato contento se non fossero stati annunciati, in un prossimo futuro tagli del personale, necessario, soprattutto se specializzato, per sostenere ragazzi e ragazze sempre più complessi, indecifrabili, ermetici, anche complessati e sarei stato ben felice se si fossero rinnovati in tempi adeguati seriamente i contratti di lavoro del reparto scuola (e di tutta la Pubblica Amministrazione, certamente).

Rinnovi veri ed economicamente gratificanti. Certo, l’uomo non vive di solo pane, ma neppure di sola cultura e benché un velo di vergogna mi avvolga l’anima e la mente nel parlare del ‘vile denaro’, non si possono tacere le cifre imbarazzanti (per la loro esiguità e in confronto agli altri Paesi europei e non solo) degli stipendi dei docenti (pensate poi a quei ‘minimalia’ che saranno le pensione, se ancora lo Stato le concederà, a tarda età, s’intende) di fronte ad un costo della vita in costante aumento (cresca e non cresca l’inflazione). Il Ministero dell’Istruzione (e del merito) parla già di milioni di euro accantonati per i rinnovi contrattuali e di aumenti principeschi. Ma occorrerà poi ‘toccare con mano’, quando i documenti saranno firmati dalle parti interessate. I sindacati non sono così ottimisti. Per alcuni, anche se fossero sottoscritti tutti i contratti previsti l’aumento medio annuale dal 2024 al 2030 sarebbe di novanta euro al mese (lordi?), cifra assai modesta. Meglio che niente! Altri sono più pessimisti e senza pesare le parole affermano: “Legge di bilancio 2025: zero risorse per il contratto 22/24; tagli degli organici, blocco del turn over. I compensi previsti consentono di coprire solo 1/3 dell’inflazione del triennio (22/24). Quasi inesistenti poi gli aumenti sul salario accessorio”.

Insomma un’umiliazione. Invero non sono tanto ottimista sul futuro salariale. Professionalmente non vedo un futuro roseo in nulla, in verità. Non mi resta dunque, al momento (quasi una contraddizione) che accettare i quasi 500 euro della carta e servilmente ringraziare. Magari stasera andrò a comprare un libro. Se poi non lo dovessi leggere (non si sappia in giro, mi raccomando) lo regalerò a qualcuno, per Natale. O no?

Andrea Ceriani

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