I lettori ci scrivono

Caso Raimo: non si confonda la libertà di parola con l’offesa

Con molta pacatezza sento l’esigenza di scrivere delle riflessioni sul caso Raimo.
Alcuni docenti dimenticano che prima di essere insegnanti sono innanzitutto degli educatori e in quanto tali devono porsi come modello per i propri studenti, nella speranza che questi possano apprendere modalità di comunicazione e di comportamento corrette.
Quando sono in classe ricordo sempre ai miei liceali che possono dire tutto, purché in modo rispettoso e gentile. E’ vero, infatti, che siamo in democrazia, ma questo non dà a nessuno il diritto di comunicare attraverso modalità che non tengano conto dei contesti, dello status che una persona occupa nella società e del ruolo inteso come l’insieme dei comportamenti che la società si aspetta da un soggetto che occupa quel determinato status.
Detto questo non ritengo corretto che il prof. Raimo, riferendosi al Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, abbia utilizzato parole quali “cialtrone” e “lurido” e che “va colpito come la Morte Nera”, sia perché non portano a una critica costruttiva, sia perché rivolte ad un rappresentante delle istituzioni e sia perché, come già detto, i docenti ricoprono un ruolo fondamentale nella formazione delle giovani generazioni e, pertanto, devono rappresentare un esempio di comportamento etico e civile per gli studenti.

In ogni caso nulla è partito da Valditara, dal momento che il provvedimento è stato notificato al prof. Raimo dall’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, competente in materia – Organo amministrativo, indipendente dall’indirizzo politico del Ministro – per ragioni disciplinari.
Educhiamo, quindi, alla pace, al rispetto, alla civile convivenza, al dialogo costruttivo, alla reciprocità, alla solidarietà e anche alla contestazione, purché sempre rispettosa dell’Altro.
Concludo questa mia riflessione ricordando l’Art. 11-ter (Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media) – Codice di comportamento per i dipendenti pubblici.

  1. Nell’utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.
  2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.

    Luciano De Giorgio

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