Cassazione: la 104/92 non salva il prof litigioso dal trasferimento d’ufficio
Secondo la Corte di Cassazione un insegnante che ha un atteggiamento litigioso con i propri colleghi, con ripercussioni sul piano della didattica, può essere trasferito d’ufficio in un altro istituto “per incompatibilità ambientale”. E questo avviene anche quando il lavoratore si avvale della Legge 104/92 per assistere continuativamente un familiare disabile o non autosufficiente, uno dei cui presupposti sarebbe quello di non essere trasferito in un’altra sede senza il suo consenso. A sorpresa, poi, proprio perchè si tratta di un dipendente pubblico il trasferimento “coatto” diventa ancora più probabile.
La sentenza è destinata a far discutere perché non solo ne ribalta altre di tenore opposto, ma se si guarda ai diritti del singolo insegnante, e di chi assiste per motivi di salute, appare decisamente severa. Il massimo collegio della Suprema Corte ha tuttavia messo al centro della proprio sentenza (la 16102) non il docente, ma gli allievi: sostenendo, a tal proposito, che il mancato trasferimento del docente (che è assimilato ad un impiegato pubblico) si sarebbe tradotto “in un danno per l’interesse della collettività”.
I fatti, esaminati prima dalla sezione Lavoro della Cassazione e poi dalle sezioni Unite, riguardano un’insegnante di scuola primaria di Patti, in provincia di Messina, alla quale il Miur aveva comunicato che sarebbe stata trasferita nel circolo scolastico di Galati Mamertino. L’insegnante ha immediatamente fatto ricorso incentrando la contestazione del provvedimento unilaterale proprio sull’assistenza ad un congiunto comprovata dall’ottenimento della Legge 104/92. Ma i giudici “ermellini” pur ammettendo che in base alla normativa vigente il lavoratore ha facoltà di rifiutare il trasferimento per “assolvere agli obblighi di assistenza nei confronti di un familiare portatore di handicap” hanno anche precisato che questo per il lavoratore non è affatto “un diritto assoluto e illimitato”. Soprattutto quando “bilanciando i contrapposti interessi tutti costituzionalmente rilevanti, non finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive e organizzative”. Anche l’interesse dell’azienda a tutelare l’organizzazione del lavoro è quindi altrettanto “costituzionalmente tutelato”.
Ora, se è vero che l’istituzione scolastica non è un’azienda è altrettanto vero che ha comunque dei precisi doveri da assolvere: in cima ai quali vi è quello di garantire un’istruzione adeguata ai propri alunni. E se questa viene meno il docente, e di conseguente il suo familiare da assistere, passano in secondo piano.