Fa discutere la recente sentenza della Corte di Cassazione che ha annullata una precedente condanna inflitta ad un docente che aveva definito il proprio dirigente scolastico un “imbroglione” e un “ladro”.
Denunciato per diffamazione l’insegnante – professore di matematica in un istituto tecnico commerciale – era stato condannato sia in primo che in secondo grado.
Il docente si è rivolto alla Cassazione argomentando di aver agito nella veste di rappresentante sindacale per evidenziare la cattiva gestione del fondo di istituto.
La Corte ha annullato la condanna in quanto nel frattempo il reato doveva considerarsi estinto, ma ha anche aggiunto che termini oggettivamente offensivi possono “in un contesto di polemica politica e sindacale costituire legittimo esercizio del diritto di critica circa l’operato della parte offesa”.
La critica – ha osservato la Corte – può essere anche aspra, esagerata e aggressiva purchè abbia finalità politica o sindacale e non rappresenti un attacco alla persona.
Sarebbe interessante capire se analoga libertà di critica possa essere riconosciuta anche al datore di lavoro (pubblico o privato che sia) che si esprime in modo aspro e magari aggressivo nei confronti delle RSU o delle stesse organizzazioni sindacali.
Il rischio di questa sentenza potrebbe essere quello di far salire ulteriormente i toni della polemica politica e sindacale: se l’uso di termini come “imbroglione” e “ladro” rientrano nel diritto di critica, è molto probabile che d’ora innanzi i comunicati sindacali diventino assai più “coloriti”.
“Premesso che le sentenze giudiziari si applicano e non si discutono più di tanto – commenta Valentino Favero della segreteria nazionale dell’Anp – non si può non rilevare che negli ultimi mesi diversi dirigenti scolastici sono stati portati nelle aule di tribunale solo perché si ostinavano a voler applicare la legge. Viene quasi da dire che applicare la legge è rischioso, mentre usare l’insulto può essere tollerato”.
“Secondo questa sentenza – aggiunge Favero – anche noi dirigenti scolastici quando partecipiamo alla contrattazione collettiva dell’area V agiamo come rappresentanti sindacali e quindi saremmo autorizzati a usare termini pesanti. Ma francamente pensiamo che un po’ di buon gusto sia sempre necessario”.