Cassazione: via i clandestini anche se i figli vanno a scuola in Italia
Il 10 marzo è stata emessa un’altra sentenza che ha a che fare con la scuola e che farà discutere a lungo: si tratta della n. 5856, che confermando la giurisprudenza prevalente e prendendo le distanze da due isolate recenti decisioni, ha decretato l`espulsione di un immigrato albanese, con moglie in attesa della cittadinanza italiana e due figli minori residente a Busto Arsizio, nel varesotto. Ammettendo che gli immigrati irregolari possono essere espulsi anche se hanno figli minori che studiano in Italia, i giudici dell’ultimo grado hanno in pratica negato l’autorizzazione a restare nel nostro Paese prevista dall’articolo 31 del Testo unico sull’immigrazione. E di fatto hanno anche indicato come prioritaria la tutela della legalità delle frontiere. Facendo passare in secondo piano il diritto allo studio dei minori.
Proprio quella a cui avevano puntato l’albanese e il suo avvocato: l’uomo chiedeva, infatti, l’autorizzazione a restare in Italia proprio in nome del diritto del “sano sviluppo psicofisico” dei suoi bambini, che sarebbe stato alterato dal suo allontanamento. I supremi giudici gli hanno risposto che è consentito ai clandestini la permanenza in Italia per un periodo di tempo determinato solo in nome di “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se determinati da una situazione d’emergenza“. Queste situazioni d’emergenza, però, non sono quelle che hanno una “tendenziale stabilità“, come la frequenza della scuola da parte dei minori e il normale processo educativo formativo che sono situazioni di “essenziale normalità“. Se così non fosse, dice la Cassazione, le norme che consentano la permanenza per motivi d’emergenza anche a chi è clandestino finirebbero con il “legittimare l’inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l’infanzia“. La sentenza ha riscosso l’immediata approvazione del centro-destra. Ed anche del ministro Gelmini: “Ritengo giusta la sentenza dei giudici – ha detto il responsabile del Miur – non si può giustificare chi utilizza i bambini e li strumentalizza per sanare situazioni di illegalità. La legge è chiara e va rispettata”.
Preoccupato, invece, il centro-sinistra. E i sindacati. Taglia corto Francesco Scrima, segretario della Cisl Scuola, per il quale la sentenza “rischia di penalizzare i soggetti più deboli e produrrà conseguenze preoccupanti”. Massimo Di Menna, segretario della Uil Scuola, ritiene che “siamo in presenza di una legislazione che non ha ben regolamentato una materia così delicata: il risultato è che per garantire il rispetto della norma che prevede che il genitore senza permesso di soggiorno non rimanga nel nostro Paese, di fatto si interviene su un diritto, in capo al minore, di frequentare la scuola”.
Secondo Paolo Mazzoli presidente dell’Associazione scuole autonome Lazio, “la norma più grave e, antistorica, è quella che impedisce al bambino nato Italia e figlio di stranieri di prendere, se i suoi genitori lo desiderano, la cittadinanza italiana”.
Dello stesso parere le associazioni studentesche: dopo essersi soffermato sul fatto che “lo studente migrante è uno dei soggetti con più forte rischio di abbandono scolastico, con percentuali di abbandono che in alcune aree sono estremamente elevate“, Stefano Vitale, dell’esecutivo nazionale dell’Uds ha detto che “l’espulsione del genitorepotrebbe ledere il diritto allo studio dei figli, un diritto che va riconosciuto a tutti i giovani, a prescindere dalla cittadinanza“.
Sul diritto di tutti i bambini a rimanere accanto ai genitori si è soffermato il fondatore del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti: “ogni bambino – ha spiegato – ha il diritto di avere a fianco i propri genitori nel suo percorso di crescita, che sia italiano o figlio di migranti”. Questo diritto, sottolinea don Ciotti, “non può riguardare solo alcuni aspetti, ma il benessere del minore in tutto il suo processo evolutivo, non solo fisico ma anche emotivo e psicologico“.