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Una catena di condizionamenti: l’ultimo anello è l’uomo. L’uomo primitivo 4.0

La mortificazione della ricchezza umana attraverso mirabolanti ed estrosi espedienti messi in atto dalle istituzioni di potere per confinare, in tutto o in parte, le menti in angusti e ristretti angoli del vivere quotidiano fin dall’infanzia, non genera la capacità critica, né tanto meno l’autonomia responsabile o la consapevolezza e la capacità di distinguere il bene dal male.

Genera una progressiva involuzione dell’essenza stessa dell’uomo. Se, anziché promuovere modelli educativi e formativi che tendano ad esaltare il valore e le virtù umane, si crede che il rimedio all’attuale barbarie, di una società retrocessa alla fase storica dell’”Infanzia” in cui gli “idoli” si sono solo tecno-digitalizzati, verso l’emancipazione della specie, risieda nella speranza di una superiore intelligenza artificiale che pensi per tutti, al posto di tutti, identificandola nel progresso senza fine della tecnologia e della digitalizzazione, il prezzo del riscatto è un uomo primitivo 4.0, tecnicamente evoluto, umanamente ridotto alla soddisfazione immediata dei bisogni istintuali primari per l’ottenimento dei quali è giustificata anche la violenza.

Che questo si dimostri oggettivamente provato dai fenomeni emergenti nell’attualità di questo momento storico-politico-sociale, è testimoniato da una sempre maggiore precocità di forme di violenza, ingiustificata nei “fini”, ma molto organizzata nei “mezzi”, dove la precocità si spiega con una progressiva de-umanizzazione che fonda le sue radici nel solco della trans-generazionalità.

Infatti, creando progressivi condizionamenti, perfino nei luoghi deputati all’educazione e alla formazione, dall’uso tecnologico degli strumenti digitali e favorendo attraverso la rete e i social media una forma di interazione virtuale, mediata dagli stessi dispositivi digitali e dai social network, nei contatti che di personale ed autentico non hanno conservato proprio nulla, si genera un confronto fra io diversi, ma sempre più uguali, perché sempre più istintualizzati, ispirati ad un edonistico insaziabile bisogno di apparire i quali, proprio come i loro computers, riproducono compulsivamente le stesse automatiche risposte e si affaticano in performances estetiche, imitative dei modelli virtuali dei loro influencer.

E questo, è anche il principale motivo per cui essendo uno, nessuno e centomila , svuotati della distinzione fra Avere ed Essere quindi, senza alcun buon motivo per essere in relazione autentica con l’altro, gli umani-non umani sono propensi a creare relazioni distruttive, assegnando ad esse lo stesso valore che attribuirebbero a quelle costruttive, in quando entrambe corrispondono al criterio di essere il mezzo per la visibilità ed il protagonismo istintivo.

E non soltanto esercitando la violenza verso gli altri, ma perfino verso se stessi immolandosi fino a sfidare la morte in cambio di un momento di celebrità. Una scena che si ripete nel mondo virtuale sempre uguale, con protagonisti diversi che si assomigliano tutti per avere annullato la propria unicità e la propria distinzione e omologato al fine del gradimento della rete virtuale la propria personalità; protagonisti indistinti nel palcoscenico della rete, disposti a barattare e condividere la propria intimità con sconosciuti predatori, inconsapevoli come loro, di essere entrambi vittime dei loro comuni aguzzini, segretamente “in rete” per la loro rovina.

Gli istinti prevalgono insieme al narcisistico desiderio di rappresentare l’oggetto del desiderio, anche il più intimo, pur di essere edonisticamente soddisfatti al prezzo della perdita della loro dignità , della violazione del privato personale e familiare che riemerge prepotentemente senza freni e senza gestibilità, una volta raggiunto il “fine” della soddisfazione dei propri narcisistici istintivi bisogni. Il tutto, a beneficio ultimo dei loro carnefici, ben organizzati in direzione del proprio materialistico “fine”, che promuoveranno ed estenderanno la visibilità delle loro prede sulla scena virtuale, oltre ogni loro più rosea aspettativa e ben oltre il limite della decenza umana e del rispetto del valore personale di ognuno.

Ma ahimè, non siamo più dentro quel range di distinzione, quello in grado di far sì che la tensione verso l’altro e le relazioni non siano mossi soltanto dalle sensazioni e dagli istinti, ma bensì anche dalla ragione, il buon senso, l’empatia e le emozioni affettive che sono caratteristiche del concetto e del valore della persona. Questo è l’alfa e l’omega della differenza che esiste fra il vivere se stessi e gli altri come persone.

A questo punto dovremmo anche chiederci che cosa si nasconde dietro una compulsiva ed ideologica necessità da parte delle istituzioni di sfornare decaloghi e dispositivi per la realizzazione di fakes projects a cui destinare ingenti risorse pubbliche.

Mara Massai

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