L’espressione “cattedre miste” sta ormai entrando nel lessico scolastico e numerose esperienze si stanno diffondendo in molte scuole d’Italia. Ma cosa sono esattamente le cattedre miste e come è nata l’idea?
Nel 2010 era stato pubblicato da Erickson un libro da me curato con Domingo Paola (“Pensieri sottobanco – La scuola raccontata alla mia gatta”): era stato elaborato con una ventina di amici e colleghi al fine di proporre un’idea avanzata di scuola, basata sulla collaborazione e il rispetto degli studenti, in opposizione al paradigma dei tagli alla scuola che avevano caratterizzato quel periodo.
Il libro non è neppure più censito nel sito dell’editore stesso, quindi non si tratta di pubblicità. Tra i contributi ci sono stati quelli di Onorina Gardella, insegnante di lettere e psicologa che in quel contesto scrisse: «Una delle cause della migliore qualità della scuola primara è proprio la possibilità degli insegnanti di osservarsi l’un l’altro durante le ore di compresenza e di confrontarsi in un reale lavoro di programmazione delle attività su ogni classe. Ciò consente, grazie al confronto, un percorso formativo di ciascun insegnante che ha modo di ricalibrare i propri interventi, di prendere spunto dal metodo dei colleghi se lo trova più efficace, di smussare anche quegli angoli del proprio stile comunicativo che tanto incidono nella relazione con gli alunni. Non vi è dubbio che gli unici a beneficiare di quest’opportunità nella scuola secondaria siano gli insegnati di sostegno che, per così dire “imparano dagli errori degli altri”, con ottimi risultati quando accedono finalmente alla cattedra».
Poi, chiosando la mia affermazione «perché un insegnante di sostegno non può lavorare “parzialmente sul sostegno”? Così facendo, mostrando anche implicitamente che egli è un insegnante come tutti gli altri, non potrebbe forse risultare più appetibile, e quindi efficace, anche quando fa l’insegnante di sostegno?» aggiunge: «Certo che se gli alunni potessero rendersi conto che l’insegnante di sostegno è capace quanto quello sulla disciplina ed è dotato anche egli di un certo potere, la sua posizione nel lavoro della classe migliorerebbe senz’altro. Tutta la psicologia sistemica, oltre al buon senso, ci diche che quando si ha cura di cambiare i ruoli all’interno di un sistema, di non farli sclerotizzare, le patologie, le disfunzioni del sistema e le sofferenze dei singoli diminuiscono poiché aumentano le possibilità di cambiamento, di evoluzione, di innovazione personale e relazionale. In questo caso anche professionale».
I lavori di coordinamento per la realizzazione di quest’opera collettiva hanno abbracciato quasi due anni e l’idea della cattedra mista si è sviluppata, affacciandosi nel dibattito italiano da diverse fonti, secondo diverse e originali proposte, idee indipendenti che, come il calcolo infinitesimale di Newton e Leibniz, erano nell’aria e hanno fatto scuola con la propria forza. Di Giulia Giani, ad esempio, la locuzione “insegnanti bis-abili”, mentre non saprei più a chi attribuire quella di “cattedra mista”.
Di certo, nel 2013, è nata la petizione online “Cattedre miste per insegnanti bis-abili” che ha visto primi firmatari Evelina Chiocca (presidente CIIS), Giulia Giani, Angela Nava (Presidente CGD), Maurizio Parodi e lo scrivente che portò quest’idea al convegno “La qualità dell’integrazione scolastica e sociale” che si è svolto a Rimini proprio in quell’anno. La petizione godeva dell’appoggio del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno e del Coordinamento Genitori Democratici e dell’ “Adesione parziale e condizionata all’essere un primo passo verso l’evoluzione radicale dell’insegnante di sostegno” di Dario Ianes.
Negli anni successivi si sono aggiunti prestigiosi nomi e onesti insegnanti variamente impegnati, e tra questi non posso non ricordare Caterina Altamore, Claudio Berretta, Michela Giangualano, Tina Naccarato che cito in rigoroso ordine alfabetico.
L’adesione a questo modello è stata ribadita con un ordine del giorno al congresso del Coordinamento Genitori Democratici del 2015 e portata dallo scrivente al convegno Erickson di quello stesso anno.
Il dibattito, che ha coinvolto molti attori in siti specializzati nell’area della disabilità (ad esempio www.disabili.com, www.superando.it) e scolastici di vario impatto (come ad esempio www.pavonerisorse.it) ma anche questa stessa testata si è fatto largo anche nella legislazione corrente, dove l’Art. 14 comma 2 del Decreto Legislativo n. 66/2017 recita: «Per valorizzare le competenze professionali e garantire la piena attuazione del Piano annuale di inclusione, il dirigente scolastico propone ai docenti dell’organico dell’autonomia di svolgere anche attività di sostegno didattico, purché in possesso della specializzazione, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 1, commi 5 e 79, della legge 13 luglio del 2015, n. 107».
Vale la pena, quindi, riportare anche gli articoli citati.
Art 1 Comma 5 della Legge 107/2015: «Al fine di dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’autonomia e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione, e’ istituito per l’intera istituzione scolastica, o istituto comprensivo, e per tutti gli indirizzi degli istituti secondari di secondo grado afferenti alla medesima istituzione scolastica l’organico dell’autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell’offerta formativa predisposto ai sensi del comma 14. I docenti dell’organico dell’autonomia concorrono alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa con attivita’ di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento».
Art 1 Comma 79 della Legge 107/2015: «A decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, prioritariamente sui posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili, al fine di garantire il regolare avvio delle lezioni, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi e della precedenza nell’assegnazione della sede ai sensi degli articoli 21 e 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Il dirigente scolastico puo’ utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purche’ posseggano titoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire e purche’ non siano disponibili nell’ambito territoriale docenti abilitati in quelle classi di concorso».
La cattedra mista è quindi ufficialmente sdoganata, essendo stata possibile anche prima con maggiori difficoltà, ma come mi diceva il mio professore di “ingegneria del software”, una cosa è un linguaggio di programmazione che “consente” la programmazione ad oggetti, un’altra è un linguaggio di programmazione che “la supporta”.
La cattedra mista è possibile, ma non è supportata. Per cambiare paradigma davvero, quindi, non basta che si affaccino sul territorio nazionale qualche decina di casi in cui una cosa tanto sensata sia resa possibile, ma realizzare quanto richiesto al punto 5 dell’Ordine del giorno del C.G.D. dove si chiedevano “concorsi per cattedre miste per avere a regime una massa critica di insegnanti diffusi sul territorio e preparati sulle tematiche dell’inclusione” e, assieme, realizzare il punto 4: “specializzazione aperta (non a numero chiuso) per insegnanti abilitati” che oggi è già di fatto possibile, ma solo a chi può permettersi di conseguirla in altri paesi europei.
Fino ad allora vanno elogiati i responsabili del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno che, nel proprio sito, hanno messo a disposizione una modulistica che consente ai docenti curricolari e ai docenti di sostegno di esplicitare al Dirigente Scolastico, che potrà approfittarne, la disponibilità a prestare servizio in questa maniera. In quella stessa pagina, anche la modulistica che consente (ma non supporta strutturalmente) il rinnovo del contratto di un insegnante precario in continuità col caso preso in carico l’anno precedente.
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