Nell’articolo pubblicato da Paolo Fasce su La Tecnica della Scuola il giorno 6 settembre 2017 abbiamo potuto vedere come l’attuale legislazione apra spiragli alla realizzazione di quella che a molti appare come la scelta più coerente nell’ottica di una vera inclusione: la cattedra mista.
Evito lunghi riferimenti bibliografici sul tema, su cui si scrive già dal 2012, e mi limito a indicare un articolo comparso sulla Rivista ufficiale della Società Italiana di Pedagogia Speciale, (A.V. “Riflessioni su una nuova prospettiva: la cattedra mista”, Italian Journal of Special Education for Inclusion, Rivista ufficiale della Società Italiana di Pedagogia Speciale (SIPeS), Anno III, num. 2, Dicembre 2015) frutto della collaborazione di diversi autori, dove si può trovare un buon numero di fonti, a cui occorrerebbe comunque aggiungere gli ulteriori contributi prodotti nei due anni trascorsi dalla pubblicazione di quell’articolo.
L’ipotesi è che un insegnante che svolga parte delle sue ore di servizio sul sostegno e parte su posto comune per la propria disciplina abbia più possibilità di agire per una reale integrazione ed inclusione.
Si suppone che un insegnante di sostegno incluso tra gli altri insegnanti, al punto da realizzare parte delle proprie ore di docenza in qualità di insegnante disciplinare, interagisca con colleghi e studenti esattamente come tutti gli altri docenti e questo possa altresì favorire la possibilità per l’allievo con disabilità di interagire con suoi compagni, senza essere considerato quello che ha l’insegnante personale con il quale si isola in attività individuali, magari fuori dalla classe.
Sempre sulle pagine della Tecnica della Scuola Salvatore Nocera ci aiuta a riflettere su possibili problemi di tipo normativo, nel caso di adozione delle cattedre miste: “Se con la cattedra mista lo stesso docente è titolare di due insegnamenti, disciplinare e di sostegno, deve esprimere due voti per ciascun alunno”?
In realtà nella scuola secondaria di primo grado un insegnante di matematica e scienze insegna due materie e un insegnante di lettere tre (italiano, storia, geografia) senza che ciò faccia sorgere dubbi sul fatto che il voto espresso sia solo uno, anche se in altre classi sono presenti due insegnanti di lettere: uno per italiano e un altro per storia e geografia. Se proprio dovessero esserci perplessità in merito i due ruoli potrebbero essere svolti in due classi diverse.
Un altro dubbio posto da Nocera è di carattere più didattico: “Per le scuole secondarie, ciò potrebbe avvenire con facilità con una disciplina, al massimo due, in caso di alunni certificati con disabilità in situazione di gravità, a ciascuno dei quali verrebbe assegnata mezza cattedra di sostegno e mezza disciplinare. Oltre non potrebbe andarsi, poiché altrimenti avremmo un frazionamento eccessivo della cattedra di sostegno;”
Sicuramente è opportuno evitare che per lo stesso allievo ci siano più di due insegnanti di sostegno, ma l’esistenza delle cattedre miste, come tutta l’organizzazione della scuola deve comunque rispettare in primo luogo i bisogni educativi e formativi degli allievi, quindi l’attribuzione delle cattedre curricolari, di sostegno o miste, deve comunque essere subordinata a questi bisogni.
Ciò che piuttosto mi pare molto preoccupante è la situazione che rischia di delinearsi con le nuove disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 59/2017, applicativo della Legge 107/2015, che modifica il sistema di formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria, separando completamente la formazione iniziale degli insegnanti su posto comune da quella degli insegnanti su posto di sostegno.
Nel percorso FIT, infatti, i tre anni di formazione e tirocinio prevedono una formazione separata e, cosa ancor più grave, non è prevista, se non marginalmente, una formazione degli insegnanti curricolari nell’ambito della didattica inclusiva e della pedagogia speciale, come invece chiedevano tutti i proponenti delle varie ipotesi di riforma del ruolo di sostegno: dalle associazioni FISH e FAND, con la loro proposta di legge 2444/2014, a Dario Ianes, ai sostenitori della cattedra mista.
La differenza sostanziale dalla situazione attuale è che, mentre prima avevamo insegnanti abilitati all’insegnamento di una disciplina che acquisivano la specializzazione per il sostegno, con la nuova normativa avremo insegnanti abilitati esclusivamente al ruolo di insegnanti di sostegno.
Viene così a mancare un’abilitazione in comune. La loro separazione dagli altri colleghi rischia allora di aumentare e l’applicazione del principio di contitolarità (Legge 104/1992, art 13, comma 6) diventa ancora più di difficile applicazione.
Un principio che, a mio parere, è un cardine fondamentale di una scuola veramente inclusiva.
Più difficilmente infatti può capitare che si chieda ad un collega insegnante a tutti gli effetti di uscire dalla classe con l’allievo con disabilità, mentre è facile che succeda con una “figura di sostegno” più vicina ad un assistente esterno che non ad un vero docente, visto che non è abilitato ad insegnare alcuna disciplina.
Ancor più difficile sarebbe se il docente di sostegno in questione non solo fosse abilitato, ma insegnasse effettivamente una disciplina in quella o altre classi, come succederebbe in una organizzazione a cattedre miste.
Un ulteriore problema che potrebbe insorgere con la nuova normativa derivante dal D. Lgsl n. 59/2017 è il fatto che molti meno laureati sarebbero disponibili a intraprendere un percorso formativo sul sostegno, sapendo che potrebbe essere una scelta definitiva, senza speranza di poter insegnare la disciplina per la quale si sono laureati. Una scelta che potrebbe essere coerente per un laureato in scienze dell’educazione, ma non necessariamente per chi ha realizzato altri percorsi di laurea.
Una possibilità di cambiamento in realtà la si può trovare nell’art. 4 comma 3, dove si legge che “sono organizzate specifiche attività formative riservate a docenti di ruolo in servizio che consentano di integrare la loro preparazione al fine di poter svolgere insegnamenti anche in classi disciplinari affini o di modificare la propria classe disciplinare di titolarità o la tipologia di posto incluso il passaggio da posto comune a posto di sostegno e viceversa”. Ma si tratta di attività formative accessorie, la cui effettiva realizzazione potrebbe essere molto aleatoria e con periodicità non definita.
Si tratta allora davvero di capire se per l’integrazione e l’inclusione degli allievi con disabilità sia meglio un insegnante di sostegno, anche con il supporto di educatori ben preparati per svolgere il ruolo di assistenti alla comunicazione, o una “figura di sostegno”.
Consapevoli del fatto che, nel primo caso, avremo un insegnante integrato ed incluso nel consiglio di classe e nel collegio docenti, con una prospettiva ampia ed uno sguardo rivolto alla classe in un’ottica sistemica, mentre nel secondo caso avremo una figura di sostegno più rivolta ad un aiuto individuale, malgrado la sua volontà, che potrà essere più specialistico, ma anche più escludente.
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