Categorie: Politica scolastica

Il giorno prima della felicità?

Ci prova, dunque, anche il Governo Renzi a rivoluzionare, o anche solo a svecchiare l’istruzione italiana, dopo innumerevoli, vani tentativi, spesso maldestri, dei precedenti.

Si annuncia una felicità vera, quasi una palingenesi: non sarà una riforma, ma un nuovo patto educativo. L’espressione suona bene.

Ha il sapore dell’humanitas che dovrebbe sostanziare qualunque ormai necessaria trasformazione della scuola. Ha il gusto di un rinnovamento non imposto, ma condiviso, come da più parti si auspica, tra il palazzo e la piazza, i politici e insegnanti, genitori e alunni. Si annuncia addirittura la più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto. E durerà circa due mesi. “Dal 15 settembre al 15 novembre tutti verranno ascoltati, a cominciare dagli studenti che sono per Renzi protagonisti, non spettatori. Nella legge di stabilità ci saranno le prime risorse e da gennaio gli atti normativi conseguenti”.

Democrazia vera, democrazia diretta, espressa in tante idee raccolte in un volumetto con la beneaugurante copertina rossa. Rossa e non a caso. Il raccordo tra scuola e lavoro, così inesistente in Italia, sembra essere uno dei cavalli di battaglia del premier. Bandiera rossa e potenziamento degli istituti professionali e tecnici, una chimera inseguita da decenni, in una nazione dove non si trovano manco a colpi di legno operai specializzati, ma solo tanto proletariato intellettuale.

E poi il merito, questa parola quasi impronunciabile in una nazione che ha fatto del clientelismo ormai un vizio cromosomico, difficilmente estirpabile. Perchè, se un medico sbaglia una diagnosi e mi crea un danno permanente, posso chiedere legalmente un risarcimento, e invece, se mio figlio ha un insegnante che non gli farà mai conoscere la letteratura, non paga mai, la passa liscia, pur privandolo di una formazione necessaria alla qualità della sua vita?

Un nuovo patto educativo. Che ben venga. Patto, una bella parola, con un’etimologia intrigante: dal lat. păctu(m), affine a pāx pācis ‘pace’. Mettersi d’accordo, convergere su obiettivi condivisi. E poi educativo, da “educere”, tirar fuori, far nascere, costruire cittadini e non serbatoi di nozioni trite e ritrite.

Speriamo che stavolta sia la volta buona e non il solito gioco parolaio di sempre.

Davvero lo vorremmo, tutti, all’unanimità. Che oggi fosse il nostro giorno prima della felicità.

Silvana La Porta

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