Imporre l’abolizione del telefono cellulare in classe non produce effetti benefici agli studenti: occorre, invece, trovare una chiave motivazionale e culturale. A sostenerlo è il presidente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna Gabriele Raimondi, che ha espresso il suo giudizio sul divieto dell’istituto scolastico Malpighi di Bologna di utilizzo di cellulari e smartphone durante le lezioni, compresi gli intervalli.
“Se si pensa di delegare a un divieto la corretta educazione all’uso del cellulare e del digitale in generale, la proibizione sarà fallimentare. Se invece la decisione si inserisce in un percorso più ampio di educazione alla consapevolezza, la questione cambia”, ha detto Raimondi
“Fondamentale – per lo psicologo – è la strategia educativa, che non riguarda solo la scuola ma anche le famiglie. Un uso consapevole del cellulare non è un tema che riguarda solo i ragazzi ma anche gli adulti, a scuola e fuori“.
Secondo Raimondi, “anche attraverso l’esempio quotidiano possiamo guidare i nostri figli”.
E ancora: “Gli psicologi scolastici all’interno degli istituti possono aiutare la scuola, gli adulti e i ragazzi nell’elaborazione di una strategia condivisa; importante è infatti parlarne e prendere decisioni congiunte”.
“L’intervento di specialisti preparati – ha concluso l’esperto – può aiutare nella gestione di una comunità che non subisce imposizioni date dall’alto, ma si dà regole condivise“.
Molti docenti, però, non transigono: i cellulari in classe non si possono accendere, con o senza strategie educative messe in atto o da attuare.
A questo proposito, La Tecnica della Scuola ha deciso di chiedere, attraverso un sondaggio, ai propri lettori se sono d’accordo con il divieto assoluto dell’uso del cellulare in classe.
Anche Attilio Fratta, presidente di Dirigentiscuola, pensa al supporto degli psicologi nelle scuole. “Dopo il Covid, la pandemia, i forzati isolamenti gli studenti che hanno oggi bisogno di supporto psico-pedagogico sono tanti. Una situazione che rischia di diventare una nuova emergenza”, ha detto il sindacalista dei presidi.
E ancora: “Se non ora quando? Il Governo ha perfino previsto, tra i tanti bonus, anche quello per consentire a chi ne ha bisogno di rivolgersi allo psicologo”.
“Non vedo perché non si possa pensare a ripristinarlo ora che le segnalazioni degli studenti che presentano problemi di natura psicologica hanno rilevanza esponenziale e che possono portare in molti casi a problemi di apprendimento, fino ad essere causa di abbandono scolastico. Potrà essere il Tavolo tecnico, se sarà ripristinato come auspichiamo, a proporre le opportune soluzioni e i campi di intervento. L’importante è che il personale al quale dovesse essere affidato l’incarico sia molto preparato ed equilibrato”.
“Nel 1978 – ha ricordato il presidente di Dirigentiscuola che fu tra gli psico-pedagogisti protagonisti nella fase sperimentale attivata in quegli anni- fu istituito in Italia, in via sperimentale il servizio psico-pedagogico, in circa un centinaio di istituzioni scolastiche. L’esperimento durò quattro anni con ottimi risultati, ma non fu generalizzato. Per trentacinque anni poi più nulla”.
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