L’uso smodato del telefono cellulare, dello smartphone e del tablet sta diventando un problema serio, che influisce anche negli atteggiamenti, sempre più aggressivi. Anche a scuola, dove non bastano i regolamenti che ne proibiscono l’utilizzo e gli allievi fanno di tutto per aggirarli, pure quando vengono colti sul fatto: spesso, infatti, gli studenti fanno di tutto pur di “sbirciare” sul proprio dispositivo mobile, con manovre nascoste sotto al banco oppure recandosi con frequenza al bagno.
Ecco, allora, che occorre agire sulla consapevolezza, sulla coscienza dei giovani. Ben vengano, le iniziative, quindi, in questo senso. L’ultima, davvero interessante, riguarda il ‘patentino’ per l’utilizzo dello smartphone e delle tecnologie sul web: è rivolta ai bambini tra i sei e gli otto anni e serve anche a combattere il cyberbullismo, andando a bene interpretare i contenuti della rete.
Questi, infatti, risultano in alta quantità attraente ma in realtà sono basati su informazioni vuote, distorte o, peggio ancora, con doppi fini.
La novità del ‘patentino’ potrebbe vedere la luce già dal 2019, tra i banchi dei primi tre anni della scuola primaria, ha detto il presidente del Comitato regionale per le comunicazioni dell’Abruzzo e dei Corecom italiani, Filippo Lucci, commentando, durante il Forum Ansa organizzato nella sede di Pescara, l’allarme lanciato dal Censis.
Secondo i dati pubblicati il 7 dicembre, infatti, oltre 900 dirigenti scolastici interpellati dal Censis, sono gli episodi di bullismo (75,9%), cyberbullismo (67,3%) e furti ai danni di altri studenti o insegnanti (60,4%) a interferire più frequentemente con il normale vissuto scolastico.
“Il progetto del Corecom è quello di un vero e proprio format composto da ‘Moduli educativi digitali’, realizzato da educatori, creativi e psicologi, che prevede un ciclo di 20-30 lezioni durante il quale – ha detto Lucci – gli alunni vengono accompagnati dagli insegnanti e al termine del quale affronteranno un test finale con consegna del patentino. Come per l’auto, occorre imparare a ‘portare’ la macchina complessa del web e riuscire a riconoscere i tranelli e a schivare i pericoli. Non ci si improvvisa con l’uso delle tecnologie”.
“I dati del Censis così allarmanti – ha continuato Lucci – rafforzano in noi la consapevolezza che questo problema del bullismo e del cyberbullismo è la vera emergenza in Italia per quanto riguarda i giovani e l’unica possibilità che abbiamo noi come Istituzione è quella di mettere in campo la formazione degli insegnanti, il dialogo continuo con i genitori e soprattutto l’attività innovativa della comunicazione e sensibilizzazione con i ragazzi”.
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