Ne dà notizia oggi il Corriere della Sera riferendo che ieri, lunedì 19 febbraio, il governo inglese ha pubblicato le linee-guida per i dirigenti, con l’obiettivo di vietare i telefonini per «minimizzare il disturbo e migliorare il comportamento nelle classi».
Secondo le informazioni raccolte dal Corriere l’uso dei dispositivi sarà impedito anche durante gli intervalli o i pasti e gli insegnanti avranno il potere di perquisire le borse degli alunni alla ricerca dei gadget proibiti. I trasgressori saranno puniti con un castigo in solitario — un metodo assai comune nelle scuole britanniche — e la confisca dei telefonini.
Viene lasciato alle singole scuole la scelta tra quattro diverse modalità di attuazione che vanno dal divieto assoluto di portare in classe i telefoni, alla consegna all’ingresso, oppure chiusi in armadietti. La quarta soluzione proposta è che gli allievi tengano con sé i telefoni, che però non devono essere «né usati, né visti, né sentiti» e quindi lasciati spenti in fondo agli zainetti.
Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Come anche le immancabili polemiche da parte di genitori plaudenti cui si contrappongono genitori che si chiedono come faranno a chiamare i loro pargoli lungo il tragitto o come risolvere emergenze comunicative (e forse non dicono che così non potranno più controllare con il localizzatore GPS dove sono davvero i figli).
Quello che manca, mi pare, è – sia in UK che altrove – una riflessione pedagogica ed educativa. Come se il vietare fosse l’unica e definitiva soluzione invece che la manifestazione di una incapacità del mondo adulto di fare i conti con le tecnologie e gli adolescenti
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