La tecnologia fa male ai bambini oppure no? È giusto farglieli utilizzare o c’è il rischio di creare dipendenza?
Il dibattito dell’opinione pubblica e degli esperti in materia è aperto con i due fronti pronti a fornire ogni tipo di spiegazione a conferma della propria ipotesi.
Cominciamo con il dire che per chi non è nativo digitale la tecnologia spaventa, perché spesso non la conosce bene, e per lo stesso motivo, come genitori ed educatori, l’allontana dai bambini dietro ad un semplice: “fa male”. Senza sapere, effettivamente, se questa affermazione è vera, per poi continare ad usarla spesso in maniera anche non corretta e poco educata.
Il nostro divieto è legato a volte alla paura che il bambino possa diventare più bravo di noi e noi adulti temiamo il confronto tecnologico con i “Millenium”.
Per le persone adulte, infatti, la tecnologia è qualcosa di “conosciuto” da grandi: la subiscono e la utilizzano per lavoro anche se con gran fatica, sono costretti a far finta di starci dietro comprando l’ultimo modello di smartphone per non sembrare fuori dal mondo sfruttando il dispositivo solo in piccola parte delle sue reali funzionalità.
Per i nativi digitali tutto questo è invece spontaneo. Sono nati e crescono imparando subito che per cambiare la foto dal cellulare di papà devono pigiare leggermente il display e portare il dito da destra verso sinistra. Una gestualità che venti anni fa era sconosciuto adesso è diventato del tutto naturale.
Perché la tecnologia non deve essere vietata ai bambini? È interessante la teoria di Andrea Visconti, imprenditore digitale ed esperto proprio del rapporto tra bambini e tecnologia.
Secondo l’esperto, il comportamento dei bambini con la tecnologia è assimilabile ai comportamenti spiegati da Freud nel complesso di Edipo.
Gli stessi che abbiamo noi nei loro confronti per la paura che diventino più bravi di noi. I bambini vogliono fare tante cose che “fanno i grandi”, cucinare, pulire, aggiustare le cose rotte ma vogliono farlo con un adulto. Cosi anche con la tecnologia, loro vogliono semplicemente usarla insieme ad un adulto.
“Hanno bisogno che giochiamo con loro e utilizziamo con loro il cellulare e soprattutto fino ad una certa età hanno bisogno di non riuscire a batterci”, perché, prosegue Visconti, “devono vedere in noi genitori o formatori una figura di riferimento”.
Dall’altra parte, l’aspetto che preoccupa di più i docenti e i formatori in generale, è la mancanza di conoscenza accertata degli effetti nell’utilizzo degli strumenti innovativi e digitali, sia sugli aspetti cognitivi (apprendimento, processi di percezione ed elaborazione delle informazioni, memoria) sia sugli aspetti socio-relazionali.
Inoltre, anche una scarsa consapevolezza delle modalità corrette di utilizzo degli strumenti digitali all’interno delle Istituzioni scolastiche è uno dei fattori di rischio nel percorso verso l’innovazione digitale.
Non a caso si sente parlare di “dipendenza”. Con il termine “new addiction” infatti, ci si riferisce alle nuove forme di dipendenze come la selfie addiction, la dipendenza da lavoro (workaholism), la dipendenza affettiva o la dipendenza da smartphone, che non sono associate all’assunzione di sostanze.
Caratteristica principale di queste “addiction” è il continuo bisogno di svolgere una determinata attività o essere in contatto con un oggetto con cui si ha instaurato una relazione di dipendenza. Si contraddistingue in letteratura per il significativo bisogno psicologico di compiere uno specifico comportamento e per l’ansia da separazione e il disagio derivante dall’assenza dell’oggetto stesso della dipendenza.
Secondo Agenda Digitale , una ricerca condotta da “ImparaDigital”, CNIS, Università di Padova e “Acer for Education”, ha valutato gli effetti del digitale sull’apprendimento in bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni.
Dai risultati sono emersi valori più elevati nella velocità percettiva, nella memoria visuo-spaziale e nell’intelligenza fluida, nei bambini che utilizzano strumenti digitali.
Anche il quadro psicologico degli studenti di oggi è un aspetto da non sottovalutare. Rapporti Ocse dimostrano che gli studenti sono oggi in ansia per le verifiche in classe, anche se si sono preparati in quanto sono preoccupati di non prendere buoni voti.
Per tutti questi motivi, è fondamentale un rapporto improntato al dialogo tra studenti e docenti e la condivisione e l’utilizzo insieme degli strumenti multimediali.
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