I telefoni cellulari possono essere utili in classe? Oppure vanno sempre vietati? I forum dedicati al tema, ma anche gli psicologi, i pediatri ed esperti di varia natura esprimono da tempo pareri contrapposti.
Gli stessi insegnanti sono spesso costretti a fare i conti con le nuove tecnologie, ma devono anche combattere l’eterna sfida di rendere le lezioni coinvolgenti e meno noiose. E come alleati possono avere proprio i device informatici.
Vediamo ora quali possono essere i lati oscuri dell’uso dello smartphone in classe.
Partiamo dal più grave, legato alla diffusione non autorizzata di immagini e video relativo ai fenomeni del cyberbullismo, a quelli di meno impatto relativo alla semplice distrazione e ai fenomeni di copiatura.
Ma d’altro canto, volendo cercare anche i lati positivi, c’è chi li utilizza per le lezioni, al posto dei computer, come strumenti dalle enormi potenzialità didattiche.
Senza dimenticare che alcuni genitori lo ritengono importante come fonte di controllo e di sicurezza durante il tragitto casa-scuola che i ragazzi fanno in autonomia.
Il tema di fondo da non sottovalutare è che i ragazzi oggi vivono in simbiosi con il proprio dispositivo mobile.
Poi c’è da chiedersi: quante volte proibire ha risolto il problema contro qualsiasi tipo di dipendenza?
È interessante il punto di vista di Antonio Fini, un dirigente scolastico che in un articolo su Agenda Digitale ribalta il discorso mettendo in risalto il tema della noia. Quante volte nelle riunioni di lavoro i partecipanti usano in maniera indiscriminata il proprio tablet o smartphone?
“Si usa lo smartphone come antidoto ad una conferenza soporifera, ma anche ad una lezione noiosa”, scrive Fini. Lo studente annoiato trova sempre diversi modi per distrarsi e non solo con il cellulare, chi non ricorda le partite a “tris” fatte di nascosto durante la lezione?
Inoltre, come faremo a nascondere i dispositivi quando tra qualche anno saranno chissà sempre più invisibili e indossabili e quindi difficilmente trovabili?
L’unico modo per uscire da questa impasse è cominciare a pensarla diversamente: impegnare i ragazzi e organizzare la didattica anche con gli smartphone, magari per specifiche attività di laboratorio.
Farli lavorare attivamente anche con i dispositivi multimediali, è bene che allora che “il ‘non uso’ diventi consapevole e naturale corollario dell’uso, non una costrizione densa di tentazioni”.
Nel frattempo, per i primi anni di apprendimento, fascia fino a 6 anni, si sta sviluppando invece una strategia di apprendimento legata al video-gioco: nei primi anni di vita, il gioco si svolge con materiale che i bambini hanno a portata di mano, il quale si integra sempre più in una dimensione digitale (consolle videogiochi, smartphone, tablet, Notebook).
L’esplorazione dell’attività ludica permette ai bambini di scoprire l’ambiente sociale, naturale o artificiale che li circonda. Con la crescita, il gioco può diventare anche un elemento di motivazione per sviluppare l’apprendimento formale, attraverso le dinamiche del “learning by doing”.
I videogames sono diventati la prima palestra dove i bambini piccoli “scoprono il mondo digitale”. Uno di questi giochi, tra i più famosi è “SuperMario”, attraverso il quale il bambino scopre lo spazio che circonda il contesto del gioco e deve accumulare vari oggetti che consentono di aumentare “le vite”.
Grazie a questo ed altri giochi i nativi digitali, sperimentano la logica del “trial” and “error”, fornendo loro un “imprinting” nelle modalità di interazione sociale che si porteranno dietro quando saranno adolescenti.
Per molti esperti, quindi, i videogiochi rappresentano un gioco molto serio, in grado di attivare stili cognitivi, comunicativi e di relazione del tutto nuovi rispetto all’esperienza del mondo analogico.
Citiamo le esperienze più importanti: esperienze diverse dal mondo differente con l’uso degli “Avatar”, acquisizione di esperienze nella risoluzione di problemi sempre più complessi (problem solving), socializzazione con altri giocatori perché in alcuni giochi è presente anche una chat che ti permette di entrare in competizione e potersi confrontare con altri giocatori.
Un utilizzo intelligente e contestualizzato dei dispositivi digitali in aula e dei videogiochi potrebbero allora servire anche a ridurre il gap tra stili di insegnamento e stili di apprendimento dei nativi digitali.
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