Nel centenario della nascita di don Lorenzo Milani (infatti nacque il 27 maggio 1923, Firenze) proponiamo un’intervista con Davide Rossi, coordinatore nazionale del Centro di Formazione e Ricerca don Lorenzo Milani nonché segretario generale del Sisa (Sindacato indipendente scuola e ambiente, che nel manifesto istitutivo del proprio Statuto riporta il richiamo proprio a don Milani e allo scrittore, giornalista e pedagogista Gianni Rodari).
Cosa caratterizza l’esperienza di Barbiana e quali insegnamenti rimangono oggi?
“Nell’esperienza di Barbiana – risponde Rossi – io vedo il segno di una freschezza che anticipa il Concilio Vaticano II. Nel nostro cammino costantemente rodariano e milaniano, abbiamo cercato di capire insieme come applicare gli insegnamenti di Barbiana nel tempo presente e abbiamo riconosciuto nel recupero delle ragazze e dei ragazzi che abbandonano la scuola, così come nel sostegno da offrire alle scuole parentali, una strada possibile”.
Battersi contro l’abbandono scolastico tornando alle parole di don Lorenzo Milani?
“Il numero dei giovani che chiudono la porta di casa, o a volte addirittura della loro camera, per non uscire più è cresciuta in modo esponenziale, oltrepassando di molto le cifre statisticamente accertate. I ritmi di studio, invero sempre più blandi, le conoscenze richieste, invero sempre più modeste, c’entrano a mio avviso molto poco, si dice e si ripete che queste ragazze e questi ragazzi non reggano i ritmi di studio, in realtà è un coacervo esplosivo di emozioni e sentimenti che turbina dentro di loro e li rende, purtroppo, sempre più estranei alla scuola, come luogo di costruzione dei saperi, come spazio di socialità con i coetanei, la mediazione informatica dei loro cellulari e dei loro computer lenisce, insieme alla distanza da tutto e da tutti, l’ansia sociale e la paura di sbagliare”.
La dipendenza dal web, l’uso talvolta compulsivo dei social, la dipendenza dai videogiochi rappresentano un pericolo crescente, come rilevato anche da indagini recenti.
“Noi del Sisa – prosegue Rossi, che è anche un insegnante – abbiamo iniziato già un decennio fa a promuovere incontri per aiutare giovani e famiglie alle prese con questi ragazzi che si chiamano fuori da tutto, detti, utilizzando il termine giapponese, ‘hikikomori’, essendo là in Oriente il fenomeno di lunga data visto il clima sociale capitalista brutalmente aggressivo e competitivo. Sono giovani che poi con facilità abbracciano un rapporto ugualmente complicato con il cibo, in taluni casi allontanandosene, in tal’atri immergendovisi”.
E Davide Rossi sottolinea che “come Sindacato indipendente scuola e ambiente abbiamo deciso di rifondare nel dicembre 2021 il ‘Centro di Formazione e Ricerca don Lorenzo Milani’, con la convinzione di procedere nel cammino intrapreso da tanti alunni del priore anche nel nuovo secolo, con la piccolezza delle nostre forze, ma la convinzione del nostro impegno”.
Come si concretizza l’impegno?
“Reggono quelle classi in cui la maestra o il maestro, il professore e la professoressa pongono dei temi di dibattito, discussione e confronto, invitano i ragazzi ad approfondirli per portare il loro punto di vista, lasciano esprimere gli studenti, ascoltano e mettono a confronto punti di vista differenti, fatto possibile in storia e geografia, forse in letteratura, meno evidentemente in matematica o in latino. Ma non sempre questa modalità per fare esprimere gli alunni è sufficiente, la dispersione si trasforma presto in abbandono scolastico”.
Al direttore del “Giornale del mattino” di Firenze nel 1956 don Milani scrisse una lettera in cui spiegava l’importanza di “dare la parola”, un’istruzione che passa quindi dalla capacità di sapersi esprimere attraverso la ‘forza della parola’: “per ‘dare la parola’ – scrive Lorenzo Milani – sono otto anni che faccio scuola ai contadini e agli operai”.
Vogliamo ricordare che Papa Francesco, quando ha visitato la chiesa e la scuola dove insegnava don Milani ha detto:”Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani”.
E Gianni Rodari, a proposito della sua “Grammatica della fantasia”, scrisse: “Tutti gli usi della parola a tutti. Mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”.
Rossi sottoscrive l’importanza di un “’uso consapevole della parola per difendersi dai soprusi dei potenti”.
Potrebbe quindi Lorenzo Milani essere definito in qualche modo un “rivoluzionario”?
“Nell’accezione di ‘protomarxista’ non credo proprio. Don Lorenzo Milani è stato semplicemente un uomo che ha dedotto con radicalità sorprendente e illuminante il prepotente impatto sociale degli insegnamenti evangelici – afferma Davide Rossi – e in particolare del comandamento cristiano dell’amore per il prossimo, facendone un impegno umano e didattico per la concreta e totale emancipazione dei poveri e degli esclusi dalla scuola pubblica, non contentandosi di una caritatevole compassione, ma ritenendo che fosse necessario agire nella concretezza della realtà per cambiare il presente – suo e nostro – in vista di un migliore e più degno futuro”.
Qualcuno ha accostato (…azzardando parecchio!) l’esperienza di Barbiana con quella dell’alternanza scuola-lavoro (o con gli attuali Pcto).
“Vabbe’, stupidaggini se ne dicono tante”, afferma, più divertito che indignato, il coordinatore nazionale del Centro di Formazione e Ricerca don Lorenzo Milani (da non identificare con il vecchio ‘Centro di documentazione Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana’ né con il Nuovo ‘Centro formazione e ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana’ – Associazione di volontariato la cui costituzione è stata finalizzata principalmente per svolgere il ‘Progetto Lorenzo’).
Come potrebbe sintetizzarsi l’idea di scuola di don Milani?
“Una sintesi molto stringata? Allora – prosegue Davide Rossi – citerei una riflessione contenuta in ‘Lettera a una professoressa’: “‘Lucio, che aveva 36 mucche nella stalla disse: la scuola sarà sempre meglio della merda’. Questa frase va scolpita sulla porta delle vostre scuole”.
“Lettera a una professoressa” è un esperimento di ‘scrittura collettiva’ (pubblicato nel 1967, solo poco prima della morte di don Milani) in quanto scritto assieme ad alcuni ragazzi della scuola di Barbiana e rappresenta un manifesto sull’importanza che la scuola deve rivestire nell’approfondimento della coscienza civile e sociale dei cittadini, soprattutto di quelli appartenenti alle fasce più povere della società. Nella canonica della chiesa di Sant’Andrea nella piccola frazione di montagna, nel Mugello, don Milani fu inviato nel dicembre del 1954, a causa di screzi con la Curia di Firenze. Ricordiamo che i suoi scritti suscitarono polemiche, talvolta aspre, e critiche da parte di alcuni intellettuali e politici dell’epoca nonché da settori della Chiesa cattolica. Don Lorenzo Milani, tra l’altro, fu un sostenitore dell’obiezione di coscienza opposta al servizio militare (all’epoca solo maschile e obbligatorio in Italia): per tale motivo dovette addirittura subire un processo per “apologia di reato”.
Infine, segnaliamo che La Tecnica della Scuola, nella giornata del 26 maggio, ha proposto “una diretta con esperti che ben conoscono il lavoro e l’opera del Priore di Barbiana: Enrico Bottero, pedagogista e ricercatore e un ex alunno di Don Milani, Paolo Landi”.
In occasione di questo importante anniversario, proprio sabato 27 maggio, la marcia della pace Perugia Assisi, che ha avuto luogo nella settimana precedente, ha continuità nella marcia di Barbiana.
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