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Cento anni fa, come oggi, 25 maggio, nasceva Enrico Berlinguer

Enrico Berlinguer, nato a Sassari il 25 maggio del 1922, nel 1972, a cinquant’anni, diventa segretario nazionale del più grande Partito Comunista d’Europa, raccogliendo l’eredità da Luigi Lungo, partigiano e braccio destro di Palmiro Togliatti. Rimarrà segretario fino alla sua morte, avvenuta nel 1984, a causa di un ictus scatenatosi a Padova durante un comizio affollatissimo, come tutti quelli che lui faceva girando l’Italia in lungo e in largo.  

Per ricordarlo, l’Università di Sassari lo celebrerà oggi con una cerimonia alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Matterella, e delle ministre Cristina Messa e Fabiana Dadone. 

Intellettuale raffinato, fu, certamente, il più amato segretario di quel Partito Comunista che durante la sua segretaria raggiunse la percentuale più alta di consenso elettorale con il 34,4% nel 1976, mentre le grandi doti morali fecero di lui il promotore di quella “Questione morale”, in politica che ancora oggi non riesce a trovare sbocchi. 

Amatissimo dai militanti, lo ricordiamo in braccio a Roberto Benigni che lo mostra al suo popolo dicendo “Questo è un comunista autentico”. E come poteva non dirsi, avendo improntato tutto il suo impegno politico e ideale nel portare il suo partito non solo come il promotore e il fomentatore dei più grandi principi di libertà e democrazia, ma anche dal definitivo distacco dall’URSS da cui non veniva “più quella spinta propulsiva” che lo aveva caratterizzato dalla fine della Seconda Guerra.

Aperto a tutte le idee politiche e culturali, a tutte le innovazioni che dalla società venivano, quando ci fu di combattere il terrorismo, quello delle stragi e dei delitti, non mancò di concordare con la destra di Giorgio Almirante una strategia comune per non cadere nella trappola dei cosiddetti “Opposti estremismi”, tant’è che il segretario del MSI, alla sua morte, si recò a onorarlo nella camera ardente allestita nella sede del suo partito.

C’è chi definisce Berlinguer un “giacimento etico”, riferendosi gli anni ’80 e all’epoca del decisionismo craxiano, quando la sinistra comunista difendeva lavoratori, salariati e pensionati e il Psi di Bettino Craxi puntava sulle professioni emergenti, i piccoli imprenditori, i giovani rampanti, sancendo quella frattura a sinistra che vedrà il suo momento culminante nel referendum sulla “Scala mobile” contro cui i socialisti, insieme con la Dc, si schierarono.

Lo ricordiamo quando spronava i militanti contro la volontà atlantica di portare i missili Pershwing e Cruise a Comiso, in risposta agli ss20 sovietici piazzati ai confini europei e contro il proliferare di armi nucleari, cosicché nel 1976, al congresso del Pcus, compì quel famoso strappo a causa del quale forse subì pure un attentato alla sua vita.

Il suo obiettivo era di non fermare la battaglia comunista per una società più equa e più giusta contro il modello capitalista, indicando quella terza via che passò sotto il nome di “compromesso storico”, mentre lavorava per la pace partecipando alle marce coi cattolici e cercando l’accordo con personalità come Aldo Moro. E quando stava per compiersi quel grandioso progetto che avrebbe visto il secondo più grande partito italiano al governo, intervenne l’assassinio del leader dc nel 1978. 

Morì sul campo di battaglia, mentre illustrava al suo popolo le sue idee di cambiamento della società, come un eroe tragico e ai suoi funerali oltre  un milione di comunisti lo salutò in una Roma arroventata dal sole.

Enzo Biagi di lui disse, “è uno dei pochi politici che mantiene la parola”

Pasquale Almirante

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