Ci interrogheremo adesso su dove sia la radice dell’effimero che ha scritto una pagina buia sui quotidiani della nostra Italia, riguardo a “quei cento lupi contro un cagnolino”. E si dà il via allo scempio della ricerca di un capro espiatorio, sui talkshow che come refrain andranno in onda per giorni e giorni.
Non esiste un colpevole, esiste una Società, delle istituzioni e ogni tipo di individualizzazione a opera degli agenti di socializzazione, che hanno perso il loro peso nella strutturazione del proprio vissuto e della propria soggettività.
Una società che trova nel click, nella connessione, nella consumazione comunitaria, una forma di incontro, di aggregazione, di ritribalizzazione. Una forma di comunità basata sull’uso dei mezzi che disarticolano paradossalmente i rapporti spazio-temporali, consentendo una nuova modalità di relazionarsi e riducendo virtualmente la dimensione del mondo. Questi modelli culturali e i loro stili determinanti divengono simboli di un sistema di valori e credenze dalla cui adesione dipendono l’inserimento e la realizzazione personale, producono forme di soggettivazione e pratiche con cui gli individui costruiscono le proprie identità. Un’identità confusa, perduta, sbagliata. Mi si perdoni, malata.
Abbiamo fallito, tutti assieme, mentre il sistema crolla dinanzi ai nostri occhi, frantumandosi sempre più, investendo l’unico luogo accessibile dell’incontro e della relazione libera, spontanea, naturale, umana, che tenta una difesa fragile contro ogni attacco da parte di una burocrazia che ha spogliato lo stesso della sua essenza, e di un costume genitoriale, che nella incapacità ad assolvere alla propria funzione, nel delegare ad altri il compito della crescita e formazione, entra in scena con tutta la violenza che testimonia il fallimento della famiglia: entriamo in classe, continuiamo a fatica fare lezione in quello standard rituale che tenta di incontrare e convivere con il nuovo che avanza, ma del quale può soltanto prendere gli strumenti che accelerano con fluidità quanto una bic non è in grado di operare e risolvere.
“Cento lupi contro un cagnolino”, sono il risultato di un sistema che ha fallito in nome della globalizzazione, della Politica Europea: la secolarizzazione ci ha privati delle grandi narrazioni, quella religiosa e quella ideologica, ed è in tale contesto irrompe il ruolo dei social, e di tutti i nuovi e antichi mezzi di comunicazione, che sono simbolicamente l’elemento cristico investito oggi del compito di colmare il vuoto fra l’idea sul “come vivere” e il vivere stesso. I media hanno sostituito ogni Istituzione e classe operaia nel loro ruolo di edificatori di senso per l’esistenza soggettiva.
Abbiamo fallito tutti, ma forse anche la Scuola, che risente della politica riformista che ha soltanto prodotto una mostruosità, rendendo l’operare formativo semplicemente a scartoffie da consegnare corrette e firmate a dovere, ad un calendario vuoto di inutili appuntamenti delle chiacchere e del luogo comune.
Non perdiamo tempo con le chiacchere da salotto televisivo. C’è sempre tempo per ripartire, e lo si può fare partendo dal proteggere, dal conservare l’umanità anche nella nostra era digitale, e in tutte le ere che seguiranno dove la tecnologia, rivestita di progresso, porterà l’umanità a solcare mondi nuovi e lontani, raggiungere vette altissime, tanto da poter, forse, finalmente credere, come Prometeo, che il desiderio di essere noi gli dèi unitamente all’illusione di una eternità carnale, sia soltanto un antico e vecchio retaggio culturale possibile da superare e sconfiggere.
Mario Santoro