Dopo gli annunci dei giorni scorsi, arriva in Aula, alla Camera, la mozione M5S per fermare la riduzione del numero di istituti scolastici in Italia, visto che in cinque anni verranno meno circa 700 dirigenze scolastiche e le prime 100 già a settembre: a chiedere ai deputati di votare a favore della mozione, mercoledì 12 aprile, è stato il deputato M5s in Commissione Istruzione alla Camera, Antonio Caso. Il pentastellato ha puntato l’indice contro il “dimensionamento scolastico targato Meloni e Valditara” che da settembre porterà “all’eliminazione di centinaia di scuole e l’incremento delle disparità nel nostro Paese. Occorre quindi rivedere da subito – avverte il ‘grillino’ – la normativa anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dall’assurda riforma dell’autonomia differenziata”.
“L’unica azione che questo Governo ha messo in campo, nell’ambito della scuola, è quella del dimensionamento contenuto nell’ultima Legge di Bilancio – ha detto l’on. Caso -. Ancora una volta, dopo gli ormai famigerati tagli targati Gelmini, la Destra del nostro Paese si rende protagonista di azioni volte esclusivamente a fare cassa sulla scuola pubblica, ignorando le gravi conseguenze sulla vita di studenti e studentesse, docenti e personale”.
Il parlamentare del M5s ha tenuto quindi a dire che quello che il suo partito “contrasta anche con questa mozione, è l’ennesima azione di razionalizzazione miope e di corto respiro, che questa maggioranza prova a nascondere dietro tutto il politichese che conosce”.
Anziché tagliare le dirigenze scolastiche, secondo i pentastellati è il caso di “intervenire sull’eccessivo affollamento delle classi, sulla povertà educativa nonché fronteggiare la dispersione scolastica. Rivedere i tagli compiuti nella legge di bilancio 2023 investendo per davvero in conoscenza e formazione, in quantità e qualità dell’insegnamento”.
Quindi, conclude l’on. Caso, “se gli altri partiti hanno davvero a cuore, come dicono, le sorti della scuola pubblica italiana votino la nostra mozione domani alla Camera“.
La scelta attuata dall’esecutivo Meloni, tuttavia, appare in linea con quanto stabilito un anno fa dal Governo guidato da Mario Draghi, con il M5s primo partito della maggioranza: nel Documento di Economia e Finanza predisposto il 6 aprile dal Consiglio dei Ministri fu stabilito che a seguito dell’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento dei costi dei sistemi pensionistici e dell’assistenza sanitaria, la spesa per l’istruzione sarebbe passata dal 4% del 2020 al 3,5% nel 2025, per mantenersi intorno al 3,4-3,5% negli anni successivi.
Per attuare questo programma, quindi, la riduzione del numero delle dirigenze scolastiche e l’accorpamento di qualche scuola, da attuare nel corso di alcuni anni, con gli effetti della denatalità che diventeranno sempre più evidenti, appare solo una normale conseguenza.
Certo, se nell’attuale legislatura si fosse deciso diversamente, magari andando a ridurre il numero di alunni per classe approfittando della riduzione delle iscrizioni, adesso si sarebbe potuto gridare allo scandalo. Invece così non è andata. Con l’attuale Governo l’impressione, supportata dai fatti e dalle leggi sinora approvate, è che si stia semplicemente continuando sul solco di sempre: quello di ridurre la spesa per la scuola, sempre e comunque. Una decisione che dovrebbe far scandalizzare tutti, meno chi per cinque anni non ha fatto molto per cambiare pagina.
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