La proposta di legge è stata approvata ed è diventata a tutti gli effetti legge, in vigore dal 23 ottobre: in Sardegna è stato abolito l’obbligo di presentare, dopo cinque giorni di assenza, il certificato medico che attesta la buona salute di un alunno. Lo riporta Ansa.
Si tratta di una delle norme contenute nel collegato alla legge di stabilità della regione, pubblicato lo scorso 23 ottobre. A sottolineare l’importanza di questa novità sono le consigliere comunali di Cagliari, Camilla Soru (Pd) e Giulia Andreozzi (Possibile) che si erano già occupate della questione promuovendo a gennaio scorso un sit in davanti all’assessorato regionale della Sanità per chiedere che fossero nominati i sostituti dei pediatri andati in pensione e che fosse abolito l’obbligo del certificato medico per il rientro a scuola dopo i 5 giorni di assenza.
Una misura da tempo richiesta anche dalle associazioni dei pediatri. “Sono passati 9 mesi, ma finalmente la nostra proposta è diventata legge e da oggi è ufficialmente in vigore – spiegano Soru e Andreozzi – Questo adempimento congestionava gli ambulatori, costringendo spesso i genitori a tenere a casa bambini perfettamente sani in attesa che il pediatra di riferimento possa visitarli per rilasciare il certificato. Ancora, spesso i genitori erano portati ad anticipare il rientro, anche se i bambini non si erano ripresi perfettamente, per non rischiare di doverlo richiedere”.
“Diverse regioni italiane ormai da tempo lo hanno abolito in totale accordo con i pediatri – ricordano – Nelle malattie infettive infatti, il pericolo di contagio è massimo nei giorni di incubazione e di esordio dei sintomi, mentre si riduce durante il periodo di convalescenza per diventare, una volta superati i 5 giorni dall’inizio della malattia, così basso da permettere la presenza in collettività”.
Il certificato medico per la riammissione scuola era già stato cancellato in undici regioni e province autonome: Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Provincia di Trento, Provincia di Bolzano, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio e Veneto. La materia rientra nella competenza legislativa concorrente delle Regioni. Lo scorso febbraio è toccato anche alla Toscana.
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