Per ora di sicuro c’è lo sciopero di venerdì 18 proclamato già da tempo dai sindacati di base: al centro della protesta il blocco dei contratti e il regime pensionistico della legge Fornero.
Ma anche i confederali, dopo aver visto le prime bozze della legge di stabilità, si stanno organizzando.
Il segretario generale della Uil Angeletti ha già fatto sapere di essere pronto ad aprire una vertenza e a proclamare uno sciopero nazionale.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Susanna Camusso della Cgil.
Adesso, però, non c’è solo il blocco dei contratti, misura peraltro già nota da tempo.
Il punto è che è proprio la “filosofia” complessiva della legge di stabilità a preoccupare e irritare i sindacati: il pubblico impiego (e la scuola con esso) ne esce penalizzato per l’ennesima volta a causa di una serie di disposizioni che si sommano alla stretta che va avanti da alcuni anni, dal 2009 almeno.
Si va dalla questione del trattamento di fine rapporto che d’ora in poi verrà liquidato in due o più rate annuali fino al taglio del 10% delle risorse destinate al pagamento degli straordinari.
Camusso boccia il provvedimento senza possibilità di appello perché “è una legge che aggredisce nuovamente il lavoro pubblico, le condizioni dei lavoratori e la possibilità di contrattazione”.
“Addirittura – sostiene – mette in discussione il decreto sulla stabilizzazione dei precari in discussione al Senato. Una legge, quindi, molto diversa dalle promesse fatte”.
Più morbida, almeno per ora, la Cisl. Ma per il 28 ottobre è già stato convocato un incontro delle diverse sigle sindacali per verificare se vi siano le condizioni per una azione unitaria.
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