L’intelligenza artificiale ormai sta trovando un proprio posto in diversi ambiti lavorativi, compreso quello della scuola. Nonostante ci siano state, e continuano ad esserci diverse critiche, in particolare ChatGPT è stata anche approvata dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha affermato: “Non dobbiamo averne paura, ma dobbiamo governarla. Sappiamo bene che cambierà la nostra società. Non possiamo tenerla fuori dalle scuole, significherebbe non formare i ragazzi al futuro. D’altro canto può rappresentare un rischio, soprattutto se non si formano i docenti a usarla. ChatGpt può essere utile ma può dare anche risultati paradossali se non viene intelligentemente impiegata”.
Diversi docenti stanno imparando a conoscerla, cercando di capire come possa essere sfruttata come strumento di supporto alla didattica. Con i finanziamenti del Piano Scuola 4.0 questa innovazione continuerà a crescere ed evolversi. Infatti, uno dei due grandi obiettivi del piano sono gli investimenti in ambienti innovativi e in strumenti per la didattica digitale.
Tuttavia, essendo ancora alle fasi iniziali, nel momento di utilizzo non sempre le risposte possono essere considerate corrette in pieno.
Per una ricerca abbiamo provato a chiedere a ChatGPT chi fosse l’attuale ministro dell’Istruzione in Italia.
La risposta non è stata quella corretta. Infatti, come si evince dalla foto, ChatGPT ha risposto Patrizio Bianchi, segno che le informazioni sono ferme a ottobre 2022.
Abbiamo voluto testare anche altre domande, chiedendo del ministero dell’Istruzione e del Merito, ma anche in quel caso le risposte non sono state corrette.
Ma qual è il confine tra IA e docenti? Come si può provare a evitare di essere sostituiti? A spiegarlo è Mauro Sandrini, esperto in formazione e neuroscienze, sul Fatto Quotidiano. L’esperto sottolinea che solo chi non è mai entrato in un’aula con trenta alunni può affermare che non sia una grande fatica il lavoro di somministrazione e correzione dei compiti. Ed è proprio in questo particolare aspetto dell’insegnamento che l’IA può giocare un ruolo chiave, evitando di investire ancora weekend e giornate festive per terminare la correzione dei faldoni di compiti.
“Se la correzione dei compiti diventa automatica – afferma Sandrini – nasce il rischio che il lavoro del docente si trasformi sempre più in quello di un somministratore di prove che non si cura troppo dell’aspetto umano della valutazione”.
E ancora continua: “A meno che non troviamo, inventiamo, modi nuovi per utilizzare questa tecnologia per migliorare proprio la qualità della relazione educativa nel tempo liberato dai carichi burocratici. Sì, sta a noi trovarla nello spazio della relazione educativa. Quella umana, non quella artificiale. Saremo capaci di prenderci il tempo di spiegare ai nostri alunni gli errori corretti automaticamente? Uno a uno, calma e senza l’ansia di restare indietro col programma? La risposta non è scontata perché la tentazione della comodità tecnologica che ci vorrà appendici stupide dell’Intelligenza artificiale può diventare forte. Saremo capaci di sfruttare il tempo liberato per dedicarlo a una relazione umana, quella sì, davvero emotivamente intelligente? Proprio quella che l’Ia non riesce a sviluppare”.
“Noi che la scuola la facciamo ogni giorno – conclude l’esperto – saremo chiamati a decidere se andare verso un’esperienza educativa più ricca e soddisfacente anche grazie all’IA, oppure no. Dipende da noi”.
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