Simili a viaggiatori afferrati da una corrente, noi vorremmo tornare indietro. Impossibile e fatale manovra. Per noi la salvezza è in avanti, oltre le rapide. Nessun indietreggiamento. Ma una mano sicura al timone e una buona bussola”
(Pierre Teilhard de Chardin, un precursore della Rete).
La civiltà audiovisiva è a portata di clic nel Vangelo del web. Questione di Rete mentre una legione di internauti aumenta le sue fila quotidianamente come orda barbarica. Non è l’uso in toto ad essere demonizzato, ci mancherebbe, ma il pensiero che il mezzo possa fare a meno sempre più del vecchio sussidiario: una maieutica senza Lògos, tutto qui, e non è poco! Un regresso, di progresso tra-vestito, che impugna o pugna il pregresso come in un oracolo futurista. Siamo dati in pasto ad una tastiera sapida ed avida di caos, mentre, a furor di pochi, non moltissimi, e di cui salvaguardo un sano e consapevole uso, Membra disiecta, e niente più! Mangiatene e bevetene tutti, se è un menu di gradimento! Ecco perché educare al tempo della rete è la sfida educativa più importante di questi tempi. La tecnologia si sostituisce alla genealogia: l’adolescente è autonomo a sé, un capofamiglia fai da te, fagocitato sempre più dai software che tendono a surrogare l’esperienza della memoria. Il linguaggio, poi, ha le metastasi di una nuova narrazione, indegna della melica verbale di un Metastasio: infattamente, piuttostamente, qualunquemente, appuntamente. Una comicità che sarebbe tale solo se fosse consapevole parodia, come quella di un Albanese: il mondo della scuola sa, invece, quanto la grammatica sia sotto scacco nella generazione 2.0. Nella Commedia massmediale del quotidiano s’impone ancora la Comedìa dantesca come restituzione d’integrità: la lingua è allo sbando, l’oscena loquela, direbbe il poeta, sempre più allarmante. Non si può bandire ancora una volta il Fiorentino, per giunta nell’anima: sarebbe troppo mandarlo al diavolo post mortem! Cento Canti di maratona poetica per guadagnarsi un angolo di Paradiso per poi fargli patire le sorti dell’Angelo decaduto? Auspico l’essenziale che, scolasticamente parlando, è visibile agli occhi di tutti. Tra un Clic ed un Clil è prioritario rieducarsi al Conto e al Rac-conto, nuovamente! Proprio qui si naviga a vista tra Connessioni e sconnessioni che fanno venire i bordoni anche a chi i brividi se li fa scivolare addosso per autovaccinazione: uno slideshow cacofonico, senza esagerare, da far incoronare il simpatico Cetto Laqualunque come il Tullio De Mauro della lingua italiana. Auspico un rasoio a mano libera nel curricolo delle scelte didattiche: la Scuola non sia di tutto un po’, alias, meno di tutto, ovvero poco e niente. L’essenziale è invisibile agli occhi nei locali di viale Trastevere: ma è una voce fuori dal coro che non ha a cuore il nostro lavoro. Sciocchezzuole, bazzecole, quisquilie e pinzillacchere. Da eredi di Totò continuiamo a gridarlo ai quattro venti come voce di chi parla nel deserto: La Buona Scuola non è una buona scuola. Dunque, in mezzo ai proclami delle novità in cantiere, ma niente di nuovo è alla luce del sole, occorre sempre più riparare le fondamenta. Im-pegnarsi sul serio e non impantanarsi. A pegno e garanzia di una reale istruzione che non faccia zapping nella girandola del superfluo. Istruttivo, (d)istruttivo. Una lettera, che sia consonante alla vita del nostro Paese.
Francesco Polopoli
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