Mano a mano che la crisi di Governo procede diventa sempre più difficile capire che fine faranno nei prossimi mesi il ministero dell’istruzione e soprattutto il nostro sistema scolastico.
Ne parliamo con Gianfranca Bevilacqua, avvocata e docente di discipline giuridico/economiche in istituto d’istruzione secondaria superiore, componente attivo, e legale dei Partigiani della Scuola Pubblica.
A suo avviso come ne esce la Scuola da questa crisi di governo? Si è parlato poco di scuola e nei 10 punti ribaditi da Di Maio, uscendo dalle due consultazioni al Quirinale, si è parlato di autonomia differenziata per Veneto, Lombardia e Emilia Romagna.
Mi soffermo in particolare sul programma enunciato dal vice premier, che non ho affatto gradito per due sostanziali ragioni:
Quali critiche esprimono i Partigiani della Scuola Pubblica al governo giallo verde per quanto riguarda la scuola e al dicastero Bussetti?
A parte quanto già detto, la prima cosa che mi sovviene prepotente, poiché oggettivamente indimenticabile, è quel “Dovete impegnarvi forte”, apoditticamente e “gentilmente” indirizzato a una sola parte dei “suoi” dipendenti, quelli del sud of course.
Il Ministro però dovrebbe tenere conto di un punto fondamentale: se si corre una gara podistica, equità vuole che tutti i partecipanti si posizionino, tutti insieme, al di qua della linea di partenza e partano, simultaneamente, al segnale di via dello starter: ineccepibile e perfettamente rispondente al principio di eguaglianza formale espresso nell’art. 3 della Costituzione.
Ma, se fra i concorrenti, vi sia, come vuole la vita, chi ha una gamba sola e chi ne ha 3, se si mantiene questo regolamento, l’eguaglianza diventa mera petizione di principio, assolutamente sterile e della più becera retorica.
Come possono convivere due partiti il PD che ha voluto la 107 e il M5s che l’ha avversata, conquistando il 44% dei consensi proprio tra gli insegnanti?
Mi verrebbe da dire: “Ho visto e sentito cose che occhi e orecchie umani…” Molto più laconicamente, diciamo invece che le “fazioni” delle forze politiche che hanno voluto la 107 sono venute meno e quelle che se ne sono distaccate non hanno potuto fare a meno –magari anche solo per interessi personalistici- di riconoscere l’approvazione di quella legge come una delle cause determinanti della nota disfatta. Appare dunque evidente e auspicabile che l’abrogazione della L. 107/15, oltre che atto dovuto, sia altresì il trampolino di lancio per il “nuovo” PD e, conseguentemente la base da cui partire per una riforma seria e coordinata, in discontinuità con i governi precedenti: ciò è l’unico antidoto per salvare la vita alla Scuola Pubblica e per rianimare –per noi, ovviamente, molto meno rilevante!- sia il PD che lo stesso M5S.
In questi giorni assistiamo sui social e sui giornali al TotoMinistri, al Miur i Partigiani della Scuola pubblica chi vorrebbero come ministro?
Molto spesso, in questo “genere di cose”, fare un nome significa “bruciarlo”. Invero ieri è già stato pubblicato un post a firma PSP, di endorsement, a una Senatrice. Le motivazioni tuttavia non hanno nulla a che fare, ovviamente, con la sua appartenenza a un certo partito, come da sempre i PSP hanno dimostrato: la scelta è, e rimane, essere sempre ed esclusivamente da una sola parte, quella della Scuola Pubblica. Le motivazioni delle nostre preferenze sono quindi evidenti e chiaramente esplicitate: la legge 107/15 è tossica e letale per la Scuola Pubblica; e in questa esperienza di Governo, c’è stata una sola Senatrice che, pur tra enormi impedimenti, ha tentato di frantumarla.
Qual è stato in questi anni il rapporto dei Partigiani della scuola pubblica con i sindacati della scuola?
I Sindacati rivestono un ruolo di rilevanza costituzionale che è bene non dimenticare, come pure ha fatto certa parte della politica che ne ha addirittura auspicato l’abrogazione.
Per i PSP, i Sindacati, in specie quelli della Scuola Pubblica, sono dunque un interlocutore ineludibile e un alleato per la lotta a sua difesa.
Ovviamente, sia coi propri avversari che coi propri alleati, senza alcun metus reverentialis, si può e si deve discutere, confrontarsi, concordare, ovvero dissentire, se è il caso anche duramente, senza però mai perdere di vista il comune obiettivo da perseguire.
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