Tramite una diretta Facebook, la ministra Azzolina ha voluto parlare delle misure per la scuola approvate nel nuovo Decreto sul Coronavirus. Ha chiaramente affermato di “non avere il potere di “chiudere” le scuole, perché la scuola fa parte della Pubblica Amministrazione”. Non entrerò nel merito della discussione pro o contro tale decisione, l’affermazione mi serve solo da spunto per farvi notare come, all’occorrenza, diventiamo dipendenti pubblici. Nel suo monologo la ministra cita il D.Lgs 165 del 2001 (c.d. Testo Unico del Pubblico Impiego), decreto che, all’art.30 pone la mobilità volontaria come necessariamente prodromica all’espletamento delle procedure di reclutamento mediante concorsi. In separata sede il Tar del Lazio ha per l’appunto rilevato che “nel rapporto tra mobilità e nuove assunzioni vada attribuita prevalenza alla prima alla luce dell’art. 470, primo comma, D.lgs n. 297 del 1994 (c.d. Testo Unico della Scuola), ai sensi del quale specifici accordi contrattuali tra le organizzazioni sindacali ed il Ministero della pubblica istruzione definiscono tempi e modalità per il conseguimento dell’equiparazione tra mobilità professionale e territoriale, nonché per il superamento della ripartizione tra posti riservati alla mobilità da fuori provincia e quelli riservati alle immissioni in ruolo, in modo che queste ultime siano effettuate sui posti residui che rimangono vacanti e disponibili dopo il completamento delle operazioni relative”.
Che significa? il MIUR deve effettuare i movimenti interprovinciali su tutti i posti disponibili e le nuove assunzioni potranno essere effettuate solo sui posti residui che rimangono vacanti.
Colgo l’occasione per ricordare alla Ministra che circa 23.000 persone attendono di rientrare nelle proprie regioni, nelle proprie province a seguito del malfunzionamento di un algoritmo e anche di un vincolo imposto. Ci sono, infatti, dei docenti che nel 2014 non hanno studiato a tavolino la provincia del Nord in cui passare di ruolo, sfruttando un titolo, ma nel 2015 sono stati posti di fronte al dilemma se credere nel principio meritocratico (che avrebbe dovuto essere tutelato dal comma 100 art. 1 legge 107/2015) ultimamente tanto decantato da tutti oppure perdere la possibilità di lavorare (comma 131 fatto proprio abrogare da Azzolina, le ingannevoli faq ministeriali n.18 “ la distribuzione dei posti per classe di concorso dipenderà anche dal fabbisogno espresso dalle scuole con i Piani triennali dell’offerta formativa e, dunque, ad oggi non è conosciuta” e n.19 “Inoltre, l’Amministrazione svolgerà concorsi con cadenza regolare e dunque tutti i posti vacanti e disponibili potranno in ogni caso essere occupati dai vincitori dei concorsi stessi, senza dunque che ne rimangano da coprire con supplenze. In conclusione, il fabbisogno di supplenti sarà più basso in futuro rispetto a quanto accaduto sino al 2014/2015, sarà limitato all’organico di fatto e sarà distribuito geograficamente in maniera diversa”, che prospettavano un’apocalittica chiusura lavorativa. A sostegno di quanto affermato faccio presente che esistono numerose sentenze del Tar Lazio, in cui viene palesata una violazione di diritti nei confronti dei docenti assunti in particolare sul sostegno, ai quali è stato impedito di partecipare in deroga alla mobilità professionale.
La cosa scandalosa è che tutte le forze politiche hanno riconosciuto l’ingiustizia, ma nessuno ha agito concretamente. Eppure ci sono state sanatorie quasi per tutti: idonei concorso docenti 2012, PAS, idonei concorso docenti 2016, idonei concorso DS 2017, FIT 2018 tranne per i docenti etichettati come ESILIATI, aggettivo poco felice che però rende bene la condizione di esule, attribuita loro da uno Stato che prima hanno servito e poi li ha traditi e resi raminghi.
Perché non c’è e non c’è stato mai un piano di rientro per queste persone? Non sono forse docenti? Non hanno gli stessi diritti degli altri? Perché non si predispone un adeguamento dell’organico di diritto, stabilizzando i posti in deroga? Il Tar Lazio con l’ordinanza 4952/2018 emanata per la regione Sicilia, ma estendibile a tutte le altre, ha proprio messo in evidenza come, nonostante l’aumento degli alunni con disabilità certificata, gli organici rimangano invariati, costringendo così il genitore o il dirigente scolastico a chiedere posti in deroga, salvo poi dover ricorrere gratuitamente al tribunale amministrativo quando tali posti vengono negati, con soccombenza del Miur. E per favore, non si attribuiscano colpe al MEF, dal momento che nel novembre 2015 autorizzò a tempo indeterminato 48.000 posti di potenziamento cioè cattedre non reali, senza battere ciglio!
In più di un’occasione la titolare di viale Trastevere ha dichiarato che studiando legge è riuscita a diventare ministro, allora dovremmo stare tranquilli, sereni e pensare che farà rientrare a casa chi ha dovuto subire la discrezionalità della legge 107/2015. Sarà Azzolina a restituire il maltolto!
E invece no, mai alcun accenno ai quei docenti che da quasi cinque anni attendono quel decreto, quella ordinanza che possa restituire loro parte della vita perduta.
Purtroppo temo che anche questa volta ci toccherà rimpiangere qualcuno o rimproverarci per qualcosa: la ministra, da docente, non ha conosciuto vincoli, essendo stata prima in distacco sindacale e poi deputata in Parlamento e quindi non sa cosa voglia dire la privazione di un diritto. Forse è proprio questo suo non sapere che ha determinato un modus operandi non concorde con gli artt. 3, 24, 97 della nostra Costituzione, ma anche con il Diritto comunitario in termini di parità di trattamento e non discriminazione dei lavoratori, libertà di esercizio delle professioni, assecondato da una politica dirigista e poco democratica (vedasi non ultimo il comma 18 novies dell’articolo 1 del Decreto Scuola, che stabilisce che le disposizioni del comma 18 octies “non sono derogabili dai contratti collettivi nazionali di lavoro”).
Ministra, ma è sicura che la sua valigia fosse di cartone?
Filomena Pinca
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