Gentili inseganti, educatrici, educatori e redazione di “Tecnica della scuola”,
in riferimento all’articolo “Asili nido e servizi educativi per l’infanzia: il decreto va corretto, lo dice anche il Ministro”, ritengo di fare la seguente riflessione.
Sono un’educatrice di nido e ogni giorno, come tutte le mie colleghe, accolgo dalle braccia dei genitori o accompagnatori i bambini che frequentano il nido: il contatto è diretto, non esiste la distanza di un metro e stiamo parlando di bambini dai tre mesi in su e spesso anche bambini di un anno o due hanno bisogno di un passaggio fisico attraverso le braccia. Durante l’inserimento che può durare anche due settimane in quanto vengono rispettati i tempi della bambina o bambino, i genitori rimangono all’interno della sezione per ore e vi assicuro che per quanto grandi siano non è possibile rispettare le distanze di un metro e contemporaneamente per esigenze di igienizzazione anche le ausiliarie vi transitano. All’interno di una struttura che ospita 50 bambini, nell’arco di una giornata nei corridoi fra accompagnatori, personale educativo, ausiliarie, coordinatrice e pedagogista, transitano circa 180 persone.
Mi chiedo quindi che efficacia possa avere imporre un green pass al personale educativo, quali siano gli obiettivi e le soluzioni scientifiche che stanno dietro questa imposizione. Nel nido in cui lavoro che ha un’utenza di circa 50 bambini, da giugno 2020 a luglio 2021 si sono verificati solo due casi di positività e solo due sezioni hanno chiuso per due settimane senza che nessuno si ammalasse.
Ben venga la vaccinazione accessibile a tutti, ma prima di imporre degli obblighi all’educatrici che da più di un anno si dedicano con professionalità, dedizione ed empatia alla cura e all’educazione di bambine e bambini, accogliendoli, coccolandoli, cambiandogli il pannolino e abbracciandoli quando ne hanno bisogno senza tirarsi mai indietro, mi auguro che si faccia un’adeguata riflessione calata nella realtà quotidiana. Grazie.
Beatrice De Amico
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