Ieri, 29 ottobre, il rapper e imprenditore Fedez, intervistato da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa sul canale Nove, ha parlato di giovani e salute mentale, alla luce della sua esperienza personale di lotta contro questo tipo di disturbi e condizioni.
RISPONDI AL SONDAGGIO SU AUMENTI STIPENDI SCUOLA
L’appello di Fedez
Il marito di Chiara Ferragni ha lanciato un appello diretto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, chiedendole di pensare a queste tematiche. Ecco le sue parole, riportate da Fanpage.it: “Lo scorso governo ha stanziato per il bonus psicologo 25 milioni di euro, che hanno coperto solo il 10% della domanda, quindi il 90% è rimasto a bocca asciutta. Con la nuova finanziaria, il nuovo governo ha deciso di tagliare i 25 milioni, che erano comunque insufficienti, e di portarli a 5. Quello che voglio chiedere, sommessamente, a Giorgia Meloni e a Giorgetti è di non tagliare questi soldi perché significherebbe sputare in faccia a persone che ne hanno bisogno”.
“Con la mia fondazione, il mio sogno è quello di aprire un centro di aggregazione che fornisce assistenza sanitaria gratuita a giovani con problemi di salute mentale. Sarebbe bello ottenere qualcosa di concreto. C’è un’emergenza reale per problemi di salute mentale”, ha annunciato il performer.
La scuola può farsi carico di questi problemi?
Di recente si è parlato molto della possibile introduzione, a regime, dello psicologo a scuola. Di questo argomento abbiamo parlato molto spesso, anche sottolineando il fatto che la scuola non può farsi carico totalmente dei problemi di salute mentale dei giovani. Il nostro direttore Alessandro Giuliani, qualche mese fa ha toccato la questione del sostegno psicologico nelle scuole, chiesto a gran voce dagli studenti in più occasioni: “Si è parlato della figura dello psicologo a scuola. Io non credo che possa fare grandi cose. La scuola ha bisogno di un sostegno generalizzato a livello di istituzioni. Si deve lavorare a livello interministeriale: la scuola non può essere abbandonata a sé stessa, uno psicologo non può fare miracoli”.
“Dovrebbe essere un punto di inizio e non di arrivo. C’è bisogno di supporto anche per molte famiglie. Ci scrivono molti docenti su situazioni disastrose familiari e tutto ciò si riflette sui ragazzi. La scuola può tamponare ma non curare”, ha concluso il direttore della Tecnica della Scuola.