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Littizzetto a Valditara su Pioltello: “A che serve l’autonomia se le scuole non possono adattarsi alle esigenze dei propri alunni?”

Nella puntata di ieri 21 aprile di “Che Tempo Che Fa“, sul Nove, condotto da Fabio Fazio, la comica Luciana Littizzetto ha rivolto la sua consueta letterina al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Ecco il motivo e quali sono state le sue parole.

Che Tempo Che Fa, la letterina di Littizzetto a Valditara

“Egregissimo ministro Valditara, che non è una località turistica del Trentino, ministro dell’Istruzione e del Merito nel senso che è il ministro che ci meritiamo. Lei che ritiene che l’umiliazione sia un fattore fondamentale per la crescita dei ragazzi. Le scrivo da ex alunna ed ex docente e sono la prima a dire che il suo Ministero dovrebbe avere il più alto budget di tutti”.

“E invece la scuola per il nostro Paese non è una priorità, non lo è mai stata. Su missili, bombe e droni i soldi ci sono sempre. Per la scuola misteriosamente spariscono. Questa settimana ha annunciato una norma che vieta alle scuole di chiudere per feste religiose non riconosciute dallo Stato. Peccato, perché ci sono docenti e dirigenti scolastici che ogni giorno lavorano per l’inclusione”, ha aggiunto.

“D’altronde l’autonomia scolastica a cosa serve se poi una scuola non può adattarsi alle esigenze dei ragazzi che la frequentano? Non si può correggere il mondo e riportarlo ad un ordine anti storico. Lei ha parlato anche di tetto di alunni stranieri. Ma questa storia della maggioranza vi sta dando alla testa. L’unico tetto vero a cui dovete pensare è quello delle scuole, che sono in totale degrado e cadono a pezzi. Anche se si mette un tetto gli studenti stranieri ci sono lo stesso. Il problema non esiste, le seconde generazioni di ragazzi stranieri sono perfettamente integrate, a volte questi ragazzi parlano italiano meglio degli italiani. Il Parlamento dovrebbe svegliarsi e dare la cittadinanza italiana ai bambini nati e cresciuti in Italia. Creare un ponte tra le persone e più importante del ponte dello Stretto. Anche noi italiani siamo stati immigrati”, ha continuato.

Littizzetto ha poi parlato di uno studio che riporta alcuni cognomi italiani sbarcati a Ellis Island all’inizio del Novecento, tra cui 479 Meloni, 255 Salvini e 1 Valditara. “La storia dell’umanità ci insegna questo, che le persone si muovono, tocca a noi annaffiare le radici”, ha concluso.

Tetto di alunni stranieri per classe, le parole di Salvini

Fermare le lezioni nella giornata di conclusione del Ramadan, come è accaduto il 10 aprile nell’istituto comprensivo statale Iqbal Masih di Pioltello, non è un segnale di crescita ma “un arretramento”, piuttosto si pensi di introdurre il tetto di “un 20% di bambini stranieri in una classe”: il doppio concetto è stato espresso dal vicepremier Matteo Salvini durante un suo intervento a Porta Porta su Rai1. E più di qualcuno ha “letto” nelle parole del leader leghista ha replica piccata al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che il giorno prima si era detto entusiasta per l’operato “che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo”.

Non credo che in nessun Paese islamico chiudano per la Santa Pasqua o per il Santo Natale – ha detto Salvini – Finché l’Islam non si darà una struttura e non riconoscerà la parità tra uomo e donna chiudere la scuola mi sembra un pessimo segnale. È un segnale di cedimento e arretramento chiudere per il Ramadan”.

Quindi, il vicepremier è tornato a riproporre l’idea lanciata qualche anno quando scoppiò il caso di un istituto comprensivo capitolino, la Pisacane del quartiere Tor Pignattara, dove la maggior parte degli alunni iscritti erano stranieri o figli di stranieri.

Secondo Salvini, quando in una classe “hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano è un caos. Bisogna controllare la presenza di bambini. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante ma quando gli italiani sono il 20% dei bambini in classe, come fa una maestra a spiegare?“.

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Laura Bombaci

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