La proporzione di giovani italiani non occupati e non in istruzione o formazione (i cosiddetti Neet) è aumentata considerevolmente durante la crisi.
Lo dice l’Ocse, l’organismo internazionale per lo sviluppo e la cooperazione economica, nel suo rapporto ‘Uno sguardo sulla società 2016-riflettore sui giovani’, pubblicato il 5 ottobre.
Prima del 2007, rileva l’Ocse, il tasso di Neet in Italia era attorno al 20%, 4 punti percentuali sopra la media Ocse. Fra il 2007 e il 2014 è aumentato raggiungendo il 27%, il secondo più alto nell’Ocse dopo la Turchia.
Tra l’altro, l’organismo con sede a Parigi, ritiene necessario lottare contro l’abbandono anticipato della scuola. “I governi – scrive l’Ocse – devono garantire che i giovani ottengano almeno un diploma di fine studi secondari per avere la possibilità di proseguire degli studi o acquisire qualifiche professionali”.
Sempre in Italia, il tasso di Neet ha registrato una modesta riduzione nel 2015 (corrispondente a quasi 2,5 milioni di Neet) ma resta sopra i livelli pre-crisi, quasi il doppio della media Ocse (15%). Come in altri Paesi industrializzati, la maggioranza dei giovani (60%) non cerca nemmeno un lavoro. Le donne sono la parte preponderante fra i Neet, sebbene la loro quota sia scesa del 60% del totale (composta per la maggioranza da donne inattive) prima della crisi, a circa metà nel 2014. La diminuzione è in parte dovuta al fatto che l’aumento della disoccupazione giovanile durante la crisi ha colpito più i giovani uomini che le giovani donne.
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Sempre per l’Ocse, le capacità che vanno perse a causa dei Neet, i giovani tra i 18 e i 29 anni senza lavoro o istruzione, rappresentano l’1,4% del Pil italiano: il dato del Belpaese è il terzo peggiore dopo Grecia (2%) e Turchia (3,4%).
Anche al livello dell’area Ocse, il numero di giovani usciti dal sistema educativo e senza lavoro rappresenta un costo economico maggiore, incluso tra i 360 e i 605 miliardi di dollari, 0,9%-1,5% del Pil dell’insieme degli Stati membri.
“Per i giovani poco qualificati diventa sempre più difficile trovare un impiego, ancora più difficile un impiego stabile”, deplora Stefano Scarpetta, direttore della divisione Ocse per Occupazione, Lavoro e Affari sociali.
“Se non verranno fatti sforzi supplementari per migliorare l’accesso agli studi e alla formazione per tutti il rischio di una società sempre più divisa sarà maggiore”, conclude Scarpetta.
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