Attualità

Chi abbandona la scuola presto va incontro alla povertà, i calcoli dell’Istat e di Bruxelles condannano l’Italia

La povertà trova terreno fertile laddove i cittadini non vanno avanti negli studi: a confermarlo è l’Istat nelle statistiche 2018 sulla povertà.

Quasi il triplo di possibilità in più

Quando si supera almeno l’esame di maturità, conseguendo il diploma di scuola secondaria superiore, l’incidenza di povertà è peri in media solo al 3,8%.

Invece, sempre secondo l’Istituto nazionale di Statistica, laddove non si va oltre al conseguimento della licenza media, la possibilità di diventare poveri diventa del 10,0%.

La condizione professionale è una conseguenza

Ne consegue che associata al titolo di studio è la condizione professionale e la posizione nella professione della persona di riferimento: se dirigente, quadro o impiegato, la famiglia è meno a rischio di povertà assoluta, con l’incidenza che si attesta intorno all’1,5%.

Se la persona di riferimento è operaio o assimilato, la povertà riguarda il 12,3% delle famiglie.

Purtroppo, tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione questa quota sale al 27,6%.

Troppi abbandoni dei banchi di scuola

Questi dati confermano, quindi, la necessità estrema di fermare la lotta all’abbandono scolastico.

Anche perché i numeri ufficiali risultano poco rassicuranti: in base all’ultimo “Documento di lavoro dei servizi della commissione europea, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici dell’Italia”, risulta che il nostro Pese “rimane al di sopra della media dell’Ue: 14 % contro 10,6 % nel 2017”.

Risultati peggiori

“Nonostante alcuni timidi miglioramenti, gli studenti e gli adulti italiani ottengono tuttora risultati tra i peggiori dell’UE per quanto riguarda le competenze chiave e le competenze di base”.

Inoltre, “l’Italia presenta uno dei tassi di istruzione terziaria più bassi dell’UE per i giovani di età compresa tra i 30 e i 34 anni (26,9 % a fronte di una media UE del 39,9 % nel 2017). Questo dato si accompagna a un livello di spesa pubblica in proporzione al PIL tra i più bassi dell’UE (3,9 % per l’Italia e 4,7 % per l’UE nel 2016)”.

Futuro nero

In queste condizioni, purtroppo, le indicazioni dell’Istat di elevare i livelli di studio dei cittadini italiani, non sembrano avere grosse chance di realizzazione. Ancora di più perché in prospettiva la spesa per l’Istruzione risulta in sensibile calo.

Nel Documento di Economia e Finanze 2019, la base per la Legge di Bilancio 2020, c’è scritto che, per via dei mutamenti demografici al ribasso, nei prossimi decenni si prevede una riduzione della spesa complessiva nazionale: dall’attuale 3,6% di spesa rispetto al Pil, si arriverà, nel 2040, al 3,1%. Per poi risalire la china, ma non di molto: nel 2070, infatti, si prevede di andare comunque non oltre il 3,4%.

Alessandro Giuliani

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