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Chi crede ancora nella “mission” formativa della Scuola?

È frequente fare riferimento alla Scuola, con una similitudine che io giudico scorretta e fuorviante, come ad un’azienda formativa. La scorrettezza di tale definizione dell’Ente scolastico sta proprio nel fatto che essa richiama alla mente un processo produttivo all’interno di quello formativo, similmente a quelli che avvengono nelle aziende di un qualsiasi settore economico!

Personalmente ripudio questa definizione come quella del Dirigente scolastico visto come Manager e non come Preside. I ragazzi non sono dei semplici “fattori della produzione”, ma persone e la formazione scolastica non si contabilizza in termini di iscritti e di finanziamenti ricevuti!

Ma se proprio la vogliamo mettere in termini “aziendali” allora bisogna far notare che la produttività dell’azienda Scuola è troppo bassa e il sistema non può essere facilmente sostenuto. Gli insegnanti non potranno continuare a lungo a nascondere le insufficienti conoscenze e capacità competitive dei loro alunni stravolgendo sempre più le valutazioni diventate ormai paradossali!

Come fanno gli insegnanti a non capire questo? Sembra che lo spirito di adattamento degli insegnanti non abbia limite ed essi si avventurano per tutta la loro attività professionale in un continuo slalom per sfuggire a tutti i possibili ostacoli incontrati nel loro rapporto educativo con l’utenza adolescenziale, nel tentativo di compiacere l’utenza genitoriale sempre più pretenziosa ed arrogante. E tutto questo nell’attesa della tanto agognata pensione, ormai diventata quasi un miraggio in lontananza a causa dell’aumento dell’età minima necessaria per poterne usufruire.

Utili, da questo punto di vista, le innumerevoli attività “formative” rappresentate da conferenze, assemblee, incontri, ecc., ecc., che lasciano trascorrere in maniera meno impegnativa l’orario settimanale. Ma questa debolezza non paga, sotto tutti i punti di vista. Se un’azienda vuole sopravvivere alla concorrenza deve utilizzare tecnologie adeguate e personale competente. Se l’imprenditore non ha personale in grado di far fruttare i mezzi di produzione l’azienda è destinata a chiudere, qualora la concorrenza divenisse sempre più agguerrita o cambiasse la tipologia del prodotto richiesto. A maggior ragione non si può parlare neanche di aumento di salari e di stipendi! Questi “operai” culturali che fanno? Dormono o non capiscono che si sta giocando forse l’ultimo match per la sopravvivenza dell’intera categoria, soprattutto dal punto di vista professionale? Sembra proprio una lunga agonia, quella della scuola pubblica! Si attende l’irrimediabile con indifferenza e menefreghismo. L’importante è che il problema non tocchi me! 

Dimenticando che se capita agli altri, prima o poi, capiterà anche a me. Il caso della professoressa di Scienze di Rovigo docet! Come noto dalla cronaca, la docente è stata raggiunta in testa da alcuni proiettili di gomma sparati con una pistola ad aria compressa da un suo alunno mentre gli altri filmavano la scena per poi postarla sui social. Chissà quale punizione avranno ricevuto quei ragazzi per aver oltraggiato la docente, si potrebbe pensare! La situazione è desolante: nessun alunno è stato sospeso mentre l’insegnante ha cambiato classe!

Sembra un paradosso, ma è la cruda realtà di una Scuola che non esiste più. Una Scuola che non educa più, neanche dal punto di vista del comportamento. Che dire di più? Nell’era della cultura di massa, veicolata attraverso internet e applicativi di ogni genere che mettono in “tasca” il sapere anche se non lo vuoi, che senso ha frequentare una scuola dell’obbligo dove di obbligo c’è rimasto solo quello di non superare, in assenze, il 25% del previsto monte ore annuo? Se, nel concreto, non c’è l’obbligo di dimostrare conoscenze e, ancor meno, quello di dimostrare il possesso di competenze curriculari, la frequenza scolastica serve solo alla socializzazione, e gli insegnanti diventano dei semplici animatori (sempre ammesso che sappiano farsi apprezzare come tali!).

Tutto questo suscita soltanto grande rabbia e indignazione! Ma perché nessuno ha il coraggio di far cambiare le cose? Ma a chi può realmente interessare una scuola così? Una scuola delle apparenze che sforna un enorme, ma fasullo, numero di “eccellenze”? Chi potrà credere ancora nella “mission” formativa della Scuola? È stato realmente profanato il “tempio della cultura” come lo fu quello di Gerusalemme, divenuto una spelonca di mercanti? Se le masse, rappresentate dall’utenza, non capiscono perché le loro menti sono offuscate dall’ignoranza che fa vedere solo il valore spendibile del titolo scolastico, e se non capiscono neanche gli educatori impegnati a soddisfare questa utenza, spinti dallo spirito del quieto vivere, allora tocca alla politica risolvere in un modo o nell’altro la faccenda! L’alternativa della scuola privata non la voglio considerare.

La transizione formativa, però, avverrà in ogni caso. Qualunque cosa ci sia in serbo non sarà comunque indolore.   

Giuseppe D’Angelo

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