La ministra dell’istruzione Lucia Azzolina è bersagliata: “Si comporta come Ponzio Pilato”, “Continua nel suo delirio d’onnipotenza” sono tra le critiche meno oltraggiose che le sono rivolte.
Si tratta di schermaglie che offuscano natura e finalità della scuola: si osserva il contingente mentre l’origine e il senso dell’istituzione sono trascurati. Non è percepita la voragine culturale che s’è aperta una quindicina d’anni fa, efficacemente rappresentata e sintetizzata nella denominazione assegnata alla scuola.
Da SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE [legge 53/2003] a SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE [legge 107/75].
La finalità educativa, che implicava collegialità, progettazione, coordinamento, visione sistemica, è stata sostituita dalla trasmissione del sapere [istruzione]: l’autonomia e la parcellizzazione degli insegnamenti ne è stata l’inevitabile conseguenza.
Si è trattato di un’irragionevole semplificazione: il 65% di quanti accedono alla scuola primaria sarà impiegato in lavori che oggi non esistono [rapporto Istat 2017].
L’attuale gestione ministeriale, nel generale disinteresse, ha preso posizione sulla dicotomia di cui si tratta: la scheda per la valutazione del colloquio dell’esame di Stato e il ritorno ai giudizi per gli alunni della primaria lo provano.
Al termine del quinquennio superiore gli studenti hanno già dovuto dimostrare le loro qualità. Inoltre, nei prossimi anni di scuola, queste qualità non saranno più banalizzate nel voto. I progressi compiuti sui percorsi di crescita dovranno essere descritti accuratamente: i genitori potranno apprezzare e condividere il lavoro dei docenti.
Profonde sono le implicazioni dei due interventi amministrativi. Riguardano la professionalità, la dignità e il prestigio dei docenti: la progettualità, volta alla promozione e il consolidamento delle potenzialità dello studente, dilata il campo d’azione degli insegnanti che, altrimenti, è delimitato dal libro di testo.
Enrico Maranzana
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